Rosarno, e il video de l’Espresso

Rosarno

Siamo tutti chiusi in una dimensione murata. Ognuno risponde per sè, per il proprio “partito”, non necessariamente politico, ma piuttosto mentale. Cota continua a ripetere: gli irregolari vanno, i regolari restano. Anche quando gli si fa notare che quegli immigrati erano regolari, e che irregolare era il loro utilizzo, e il modo in cui venivano pagati e impegnati. Non riesce a rispondere direttamente a questo quesito. Risponde con u’altra risposta.

Ma la stessa cosa fa la Mussolini, che, di fronte alle miserie di quella gente, quella “colorata”, ricorda: anche gli italiani stanno male. Parliamo degli italiani. Nessuno stava dimenticando gli italiani. Non era il momento. E le mani rovinate di un uomo che parla solo francese e inglese, e non una parola di italiano, e che da cinque giorni mangia solo arance. La mattina, arance. A pranzo arance. A cena arance. Solo arance. E rimane lì, perchè lì lo chiamano a lavorare per 25 euro al giorno.

La stessa cosa fa la cittadinanza di Rosarno, che non sa cosa fare con uno striscione che rinnega la mafia. La stessa cosa fa Michele Santoro, che sta dimostrando la sua tesi e lo sta facendo con le sue risposte e non altre. La stessa cosa fa la giovae ex esponente radicale, Giulia Innocenzi, la cui bellezza e naivitè a volte va in contrasto con la durezza delle cose. A volte dà una sensazione di dolcezza, laddove nulla è dolce. Ed è una giovane politica che non riesce, così come nessuno di noi giovani nel proprio settore, a sfondare, a squarciareil velo.

Ognuno ripete la propria storia, la propria preghiera. Preghiera. Il video che ha fatto vedere Fabrizio Gatti de L’Espresso porta di fronte agli occhi di chi lo ha visto una preghiera. Quella dell’uomo morto in preghiera, sulla via dell’espulsione dalla Libia verso il Niger, in pieno deserto. E la preghiera di tutta quella processione stanca. Una processione morta.

Ah. Anche stasera Vauro si è attirato un po’ di odio. E domani non mancheranno le polemiche.

Mettiamoci in attesa dello sciopero del 1 marzo degli immigrati.

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