A 82 anni appena compiuti, si è spento a Roma, in un letto del Policlinico Agostino Gemelli, Francesco Cossiga il quale, con pochi altri al suo pari, può permettersi di incarnare la storia politica italiana degli ultimi sessant’anni. Vedi il sardo (nasce a Sassari il 26 luglio 1928) ed è come se scorressero in sequenza i principali avvenimenti che hanno contribuito a costruire il bagaglio della Penisola. Basti elencare i titoli che potrebbero etichettarlo (anche se le etichette, ai grandi personaggi, vanno in ogni caso strette): politico, giurista e docente italiano, politologo, scrittore, ottavo presidente della Repubblica, senatore a vita, presidente emerito della Repubblica Italiana, ministro degli Interni, presidente del Consiglio, sottosegretario e via dicendo.
Maturità a 17 anni, a venti era già laureato in Giurisprudenza e poi intraprese la carriera universitaria (con cattedra di diritto costituzionale dell’Università di Sassari). La passione politica divenne presto la prima occupazione: riuscì a bruciare tutte le tappe – a 17 anni la prima tessera nelle file della Democrazia Cristiana, a trent’anni capo dei cosiddetti giovani turchi sassaresi, eletto deputato nel 1958, il più giovane sottosegretario alla difesa nel terzo governo Moro (23 febbraio 1966), il più giovane ministro degli Interni (a 48 anni), il più giovane presidente del Senato (a 55 anni) e il più giovane Presidente della Repubblica (a 57 anni, 1985) – e gli toccò essere riferimento importante in più di una circostanza cruciale: era Ministro degli Interni durante i violenti scontri tra studenti e forze dell’ordine nella zona universitaria di Bologna.
Restarono negli annali come le proteste del ’77: venne ucciso il militante di Lotta continua Pierfrancesco Lorusso e la militante di sinistra romana Giorgiana Masi; Cossiga, al fine di sedare la rivolta studentesca, inviò nel capoluogo emiliano carri armati M113: gli studenti cominciarono a storpiarne il nome, scritto con una kappa iniziale ed usando la doppia esse delle SS naziste. Ancora al Viminale l’anno successivo, quello impresso sui libri per il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse: Cossiga creò due comitati di crisi per gestire il rapimento e rassegnò le dimissioni non appena il segretario Dc venne rinvenuto senza vita. Dirà successivamente ai giornali: “Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle è per questo. Perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Moro“.
Un anno dopo, il 4 agosto 1979, fu nominato presidente del Consiglio dei ministri rimanendo in carica fino all’ottobre del 1980: all’epoca, fece scalpore l’accusa rivolatgli dal Pci di Enrico Berlinguer (cugino di Cossiga) che lo riteneva responsabile della fuga di notizie sulle indagini in merito ai terroristi. Te anni di assenza dalle scene, poi – 1983 – fu eletto Presidente del Senato della Repubblica: rimase in carica 2 anni, per poi diventare l’ottavo presidente della Repubblica Italiana, succedendo a Sandro Pertini (maggioranza larghissima: ricevette i voti di Dc, Psi, Pci, Pri, Pli, Psdi e Sinistra indipendente).
Il settennato di Cossiga – che si dimise due mesi prima della naturale scadenza – lo si ricorda in particolar modo per le picconate – dell’ultimo periodo – con cui intendeva scagliarsi contro il sistema (definì con disprezzo, per esempio, il magistrato Rosario Livatino “giudice ragazzino”. Livatino venne ucciso dalla mafia nel 1990) e per la “vicenda Gladio”, organizzazione clandestina di tipo stay-behind Spyro promossa durante la guerra fredda dalla Nato per contrastare un eventuale attacco delle forze del Patto di Varsavia ai Paesi dell’Europa occidentale. L’Italia aderì ufficialmente nel 1964, obiettivo: arruolare ed addestrare nuclei in grado di organizzare la resistenza armata sul territorio occupato da un’invasione o controllato da forze sovversive. Nella Nazione, i soli a essere informati dell’esistenza di Gladio erano i vertici politici – Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Ministro della Difesa – e quelli militari. A mettere a conoscenza Parlamento e cittadini sull’esistenza di Gladio fu il presidente del consiglio Giulio Andreotti (1990) che autorizzò il giudice Casson ad accedere agli archivi del Sismi. Il governo ordinò lo scioglimento di Gladio il 27 luglio 1990. Il 21 novembre del 1991, Cossiga chiese di essere processato definendosi “unico referente politico” italiano di Gladio: il 6 dicembre 1991 fu presentata in parlamento da parte dell’allora minoranza la richiesta di messa in stato di accusa per Francesco Cossiga. Tra i firmatari: Ugo Pecchioli, Luciano Violante, Marco Pannella, Nando Dalla Chiesa, Giovanni Russo Spena, Sergio Garavini, Lucio Libertini, Lucio Magri, Leoluca Orlando, Diego Novelli. Il comitato parlamentare ritenne le accuse infondate, la Procura di Roma archiviò il caso (8 luglio 1994).
Non ha mai abbandonato la politica ma, soprattutto negli ultimi anni, si è comportato assai più da spettatore attento che da militante: ancora decisivo e influente nei momenti di crisi dell’attività parlamentare (il 6 dicembre 2007 è stato determinante per salvare dalla crisi il governo Prodi, con il suo sì al decreto sicurezza, sul quale l’esecutivo aveva posto il voto di fiducia; nel 2008 è tra coloro che garantirono la fiducia al quarto governo Berlusconi), ha cominciato a scrivere con frequenza periodica su diversi quotidiani con gli pseudonimi di Franco Mauri (Libero) e Mauro Franchi (Il Riformista).
Ha dovuto fare i conti con la salute dal 2000, anno in cui Cossiga fu sottoposto a un intervento chirurgico per l’asportazione di un tumore nel tratto basso dell’intestino. Lo scorso 9 agosto, ore 13, era stato ricoverato presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma per problemi di insufficienza respiratoria. Sembrava un problema di minore entità, invece la situazione è peggiorata con il passare delle ore, tanto che la notte del primo giorno di ricovero gli sarebbe già stata somministrata l’estrema unzione. L’82enne presidente emerito era stato poi sottoposto a terapie intensive dai sanitari e la sua situazione clinica è andata successivamente migliorando. Ieri notte, però, l’improvviso aggravamento che gli è stato fatale.
Innumerevoli le telefonate e i messaggi di vicinanza manifestati dalle maggiori personalità politico-istituzionali.
Kossiga: GLADDIO
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