Il destino dell’Articolo 21


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Di appelli pullula la rete. In qualche modo, sarà nata anche per questo. Internet ospita e dà asilo ad ogni istanza. Bella, brutta, vera o falsa. Chi fa giornalismo con la rete deve stare molto attento. Anche se, se ancora esiste e resiste un po’ di romanticismo, il giornalismo fatto solo con la Rete non è, esattamente, più giornalismo. Bando ai romanticismi. Gli appelli, si diceva.


Riportarlo non fa mai male. Dovesse entrare in testa a qualcuno. Testo integrale, perchè poi, insomma, è anche stilisticamente bello. E poi. La Costituzione fa anche 60 anni. Ecco l’ Articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.


Sono una romantica. Storicamente, in queste parole si rinvede la rottura, testimoniata e in vita da sessant’anni, con il regime. Una profonda rottura tra l’Italia fascista e quella repubblicana, scrive l’Associazione Articolo 21. Questo articolo, mai pienamente realizzato, negli ultimi anni ha subìto pesanti oltraggi a causa degli irrisolti conflitti d’interesse, delle liste di proscrizione, delle troppe posizioni dominanti e del mancato adeguamento della normativa italiana a quella europea.


Un’associazione molto attiva. Nasce a Roma con l’adesione di giornalisti, scrittori, registi, giuristi il 27 febbraio del 2002. E annovera, tra i suoi padri fondatori: il giornalista Federico Orlando, per anni braccio destro di Indro Montanelli, e il deputato Ds (fu Ds) Giuseppe Giulietti, l’ex direttore dell’Ansa Sergio Lepri, l’avvocato Tommaso Fulfaro.


A Roma, il 22 febbraio prossimo, presso la Sala Tobagi della sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Assemblea Nazionale per l’Appello per realizzare i principi dell’art.21 della Costituzione.


Sono anni che l’associazione si batte: ha realizzato, alcuni anni fa, il Comitato per la libertà d’informazione, che si era battuto, in Europa e in Italia, contro i meccanismi che all’Italia non avevano fatto fare grande figura nei confronti del mondo (tanto per variare). Il regime mediatico, quello che ci aveva fatto retrocedere in modo preoccupante nelle classifiche mondiali sulla libertà di stampa di organi come Freedom House e Reporters without Borders. Ci ho fatto la mia tesi di laurea. Bella e inutile.


Cosa chiede oggi l’associazione? Oggi che quel regime mediatico è di nuovo alle porte. Negli ultimi due anni il governo di centro sinistra, nonostante gli impegni, le buone intenzioni, e le proposte del ministro Gentiloni, non è riuscito a portare all’approvazione nessuno dei progetti presentati in materia di conflitto d’interessi, di assetto dei media, di riforma della Rai e dell’editoria e ha ottenuto, solo in parte, la fine della pratica delle liste di proscrizione. Sarà che quella non-maggioranza faceva crollare anche ogni presunta buona intenzione, purtroppo.


Noi pensiamo che chiunque dovesse vincere le prossime elezioni dovrà affrontare questi temi. Da qui la nostra decisione di presentare alcune proposte che saranno discusse in una Assemblea Nazionale e consegnate a tutte le forze politiche e sociali. Vorrei tanto essere presente, al momento – se verrà – della risposta delle suddette forze politiche. Che siano riaffermati i principi di legalità e di trasparenza anche nel settore dei media, recependo del tutto le sentenze Corte Costituzionale, le direttive e le risoluzioni della Commissione Europea e le sentenze dell’Alta Corte europea di Giustizia, con particolare riferimento alla vicenda delle “frequenze radiotelevisive-Europa 7”. L’Associazione lo chiede a gran voce.


Una riforma delle Autorità di garanzia, innanzitutto a tutela della concorrenza e del pluralismo, nominate in base a criteri e procedure che assicurino l’effettiva indipendenza dai partiti e dagli interessi delle imprese controllate, in conformità ai criteri adottati in sede di Unione Europea. Sarebbe bello, ma l’Italia e l’Europa, dai rifiuti ai media, sono entità assai diverse.


E poi. Il punto più bello: Una legge sul conflitto d’interessi che impedisca a chiunque di essere contemporaneamente proprietario dei media e parte attiva della vita politica e istituzionale del Paese. Il gigantesco conflitto d’interessi in atto, che riguarda soprattutto il campo specifico della comunicazione, ha un fortissimo peso nel determinare mentalità e modelli di comportamento e rappresenta un aspetto non secondario di questo processo di imbarbarimento della vita italiana e della stessa convivenza civile. L’unica soluzione possibile è dunque rappresentata dalla ineleggibilità di chi si trova in una posizione di conflitto d’interesse. E cioè del candidato Premier più accreditato dalla stessa popolazione italiana, pare.


Eccetera eccetera. La Rai, la radiofonia, il riassetto dell’editoria. VOGLIAMO INFINE che tutti gli operatori dell’informazione insieme ai rappresentanti delle associazioni, dei sindacati, degli autori, dei produttori indipendenti, aprano una vera e propria campagna nazionale, per riportare “in prima serata“ e in “prima pagina” i grandi temi della vita internazionale e nazionale; per riportare nell’agenda dei media le grandi questioni sociali e civili, come le battaglie per il diritto all’ambiente, alla pace, alla legalità, al lavoro, alla qualità della vita, all’uguaglianza e libertà femminile, alla cultura e alla formazione, alla salute. Quali e quanti di questi appelli verranno ascoltati? Ma soprattutto: verranno ascoltati?


1 commento su “Il destino dell’Articolo 21”

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