Roma, violentata (sì, no , forse)da due ragazzi in (o a ridosso di) una toilette chimica ubicata in una grande discoteca, lei e loro (in due) poco più che ventenni. Capri, qualche giorno prima: stuprata a due passi dalla piazzetta dopo una notte a base di alcool e passi di danza, lei e lui (da solo) non ancora maggiorenni. Volessimo scomodare gli archivi, l’angoscia crescerebbe in maniera esponenziale con il novero di casi che si andrebbe ad ammonticchiare nel dossier. Uno studente, un portiere, un collega di lavoro, un disoccupato, un alcolizzato, un marito, un amante, un conoscente, un parente.
Volti, anagrafica e fisionomia assai differente, variegata: la sola comunanza di essere parte della razza maaschile del genere umano. Tracciare il profilo generale dello stupratore comune pare un azzardo improbabile ma si cominci con un paio di dettagli utili a smentire la realtà percepita e – eventualmente – svelare uno scenario più che parzialmente diverso rispetto a quel che – banalizzando – viene ritenuto. Parola ai numeri: non più del 10% degli stupri commessi in Italia sono attribuibili a stranieri, lo dichiara l’Istat riconducendo l’analisi all’anno 2007.
Sono i dati in tal senso più recenti e di facile consultazione cui hanno fatto seguito altre statistiche diffuse dal Vimilnale e che raccontano in effetti una realtà leggermente differente: secondo i dati del ministero dell’Interno, sono di nazionalità italiana il 60,9% degli autori di stupro commessi nel nostro Paese (a fronte di un 7,8% di nazionalità romena e di un 6,3% di nazionalità marocchina; le vittime dello stupro sarebbero per il 68,9% di nazionalità italiana. Per fare ulteriore approfondimento, proviamo a spulciare quel che si evince dalla ricerca (2006) svolta in sinergia tra Istat e Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità (che l’ha finanziata con i fondi del Programma Operativo Nazionale “Sicurezza” e “Azioni di sistema” del Fondo Sociale Europeo).
Spulciando i numeri, si legge:
1. Sei milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita.
2. Cinque milioni di donne hanno subito violenze sessuali, 3 milioni 961 mila violenze fisiche.
3. Un milione di donne ha subito stupri o tentati stupri.
4. Il 14,3% delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner.
5. Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate: punte del 96% in merito alle violenze subite da un non partner; picchi del 93% di omertà rispetto alle violenze di un partner.
6. La percentuale degli stupri non denunciati si aggira intorno al 91,6%.
Tornando ai numeri Istat, alcune certezze:
1. In Italia, una donna su tre – in una età compresa tra i 16 e i 70 – è stata vittima di violenza;
2. Il 6,6% delle donne ha subito violenza sessuale prima dei 16 anni;
3. I luoghi più pericolosi sono risultati in tal senso essere: mezzi pubblici, stazioni, aeroporti (dove si è consumato il 36,7% delle violenze); pub e discoteche (14,9%); strada o posto di lavoro (11,2%); altro luogo non megli ospecificato (26%);
4. Nel 76,5% dei casi l’aggressore non era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti nè di alcool; nell’8,7% dei casi era sotto l’effetto di alcool; nello 0,9% dei casi sotto effetto di droghe.
I casi limite, estremi riguardano tutti gli episodi nei quali la violenza tra mura domestiche sfocia in omicidio: citando l’Istat, ogni anno vengono uccise una media di 100 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex compagno. Ad avvallare i numeri, in questo caso, anche la decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha approvato all’unanimità la risoluzione 1820, sponsorizzata da oltre 30 paesi tra cui l’Italia, con cui si classifica lo stupro quale arma di guerra (giugno 2008).
Il criterio utilizzato da Istat per rendicontare rispetto ai casi di violenza viene resa nota da Linda Laura Sabbadini, direttore dell’istituto di statistica: “Non esistono ad oggi standard internazionali per condurre questo tipo di indagini ma è interessante che nonostante le diversità di metodologia emergono alcuni risultati ricorrenti. La violenza è ovunque in primis violenza domestica, anche nel caso degli stupri un’ampia quota è opera dei partner (circa il 60-70% in paesi come Australia, Regno Unito Costa Rica, Usa); aumenta il rischio di violenza sulle donne da parte del partner se il marito abusa di alcool oppure se il marito ha assistito da piccolo alla violenza sulla propria madre o l’ha subita lui stesso o se la donna è stata essa stessa vittima di soprusi in infanzia, come emerge anche dall’indagine dell’ Australia o del Canada, oltre che dell’Italia“. Con un ulteriore elemento allarmante: quello, cioè, dell’ascesa dei casi in cui l’episodio di violenza è riconducibile a persone che si sono conosciute tramite internet.
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