11 settembre, l’America ricorda

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11 settembre 2001 – 11 settembre 2009. E’ la prima volta di Obama. Il presidente affronta per la prima volta nella sua carica quanto accaduto otto anni fa: gli attentati che hanno cambiato la storia degli Stati Uniti e del mondo. Quattro attacchi suicidi da parte di terroristi di al-Qa’ida contro obiettivi civili e militari nel territorio degli Stati Uniti d’America. 19 terroristi dirottarono quattro voli civili commerciali sulle torri 1 e 2 del World Trade Center di New York, contro il Pentagono, mentre il quarto aereo, diretto contro il Campidoglio o la Casa Bianca a Washington, si schiantò in un campo vicino Shanksville, nella Contea di Somerset (Pennsylvania)

2974 vittime come conseguenza immediata degli attacchi, mentre i dispersi furono 24. La gran parte delle vittime erano civili, appartenenti a 90 diverse nazionalità.

E per un presidente 2.0, anche i ricordi si fanno 2.0. In un’America che oggi dice di non aver paura.

Si chiama Make History, ed è certamente un esempio di citizen journalism. Si tratta di un archivio in progress, un sito realizzato dal National September 11th Memorial & Museum. Un archivio 2.0, partecipativo come un social network, dove chi ha vissuto in prima persona la tragedia dell’11 settembre 2001 – e da ogni parte del mondo, non solo dagli Usa – può raccontare la propria esperienza condividendola.

Una “vittoria”, un po’ più cinicamente, anche per Google. Il sito, infatti, si basa su due applicazioni di successo del colosso Google: Street View e Google Maps. E’ possibile “andare virtualmente” a Manhattan, tornando indietro nel tempo a 8 anni fa e vedendo il Ground Zero di allora. Prima dell’attentato, insomma, prima della distruzione. E’ possibile vederlo ora, e viaggiare attraverso i contenuti caricati dagli utenti: foto, video, registrazioni audio e testi. E si può vedere il “dopo”, naturalmente. Desolante e drammatico.

Una testimonianza di tempi, e materiale infinito. Questa è la tragedia 2.0. Ma così, forse, non si dimentica, e la memoria resta “viva”.

Foto|Wikipedia

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