Kosovo, independence day

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E’ giunta l’ora. Un’ora difficile. Un’ora che avrà delle conseguenze, e che potrebbe essere l’inizio di qualcosa.
La procedura per la dichiarazione d’indipendenza unilaterale del Kosovo dalla Serbia è cominciata. Seduta straordinaria del Parlamento prevista tra pochissimo, per le 15, e convocata dal dal primo ministro Hashim Thaci.
Una decisione difficile e significativa, quella della maggioranza kosovaro-albanese. Un cambiamento cruciale, sostenuto, sul piano internazionale, dagli Stati Uniti e, con cautela, dall’Unione Europea. E contemporaneamente osteggiata da Belgrado. E da Mosca.

Kosovo: Work in Progress

Domenica prossima potrebbe essere il grande giorno. Il giorno in cui finalmente il Kosovo potrà avere una sua identità e divenire finalmente indipendente da Belgrado. Un giorno che i suoi cittadini hanno sperato da tempo. Cittadini che hanno dovuto subire e vivere, in questi anni, con una situazione di sottomissione, sfociata troppo spesso in violenza.

Eppure ora c’è la luce, là in fondo al tunnel. E si inizia a correre. Perchè non si respira più in questa situazione. Perchè non ce la si fa più e si ha voglia di essere liberi. In fondo una cosa, come può essere la libertà, la si desidera maggiormente più questa si sta avvicinando.

Ma cosa aspetta i cittadini kosovari fuori dal tunnel? Di certo non saluti abbracci e applausi. Perchè l’indipendenza è una situazione che si conquista con il sudore e con il sangue. E anche una volta raggiunta nessuno si verrà a complimentare. Tutti ti chiederanno solamente di continuare a fare quello che hai fatto fino ad ora.

Raciti, un anno dopo

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E’ passato già un anno. Sembra ieri. Un anno fa il derby di calcio Catania-Palermo uccideva, causa scontri triviali, l’ispettore capo Filippo Raciti. Cerimonia oggi in suo onore. La sua città riunita nel dolore e nella rabbia, in un abbraccio di calore alla vedova, Marisa Grasso. Catania.
Un’occasione struggente allo stadio Angelo Massimino. A celebrare il ricordo il capo della polizia Antonio Manganelli, la vedova Marisa Grasso, il presidente della Figc, Giancarlo Abete e il questore etneo Michele Capomacchia.
Filippo Raciti è morto un anno fa per la stessa selvaggia violenza di cui era attore. Ucciso dalla violenza di questi tempi. Un anno fa è morto Filippo Raciti, ucciso da mano criminale che ha dato sfogo a una furia assassina e una violenza inaudita: queste le parole di Manganelli.

Kenya: E’aperta la caccia al Kikuyu

Da alcuni giorni ormai in Kenya è aperta la caccia al Kikuyu. Non si tratta di una specie animale particolarmente preziosa o in via d’estinzione ma di un’etnia tribale del paese. Un’etnia che da ormai un mese è presa di mira da tutte le altre per i sospetti di broglio elettorale, per le presidenziali che hanno visto vincere il leader uscente Mwai Kibaki.

Scontri sempre più sanguinosi e violenti, di qualsiasi genere e specie dalle lapidazioni ai roghi, si stanno svolgendo in questi giorni nella regione di Nakuru, capoluogo della provincia della Rift Valley. Una situazione che, fino a questo momento in cui scriviamo, ha portato circa 70 cadaveri causati dagli scontri, ma con una stima sempre pronta a salire.

Le morti ormai avvengono in entrambe le fazioni. Da una parte c’è tutto un paese contro i Kikuyu, colpevoli di aver vinto “rubando” durante le ultime elezioni e presi di mira da assalti e violenze senza esclusione di colpi dalle tribù avversarie. Dall’altra c’è il calvario della tribù Luo, guidata dal leader dell’ODM Raila Odinga, presa di mira dalla polizia, che non mostra problemi a utilizzare il machete per sedare e disperdere le manifestazioni che nascono per le strade.

Il Papa: rispettate le opinioni altrui

Papa

L’eco delle vicende de La Sapienza non si spegnerà. Oggi è toccato al Papa parlare. Oggi ha detto la sua, dal suo balcone, di fronte ai suoi. Parole inopinabili, immagine rinvigorita. Situazione creata dalla superficialità di questi tempi.

Una storia tutta sbagliata. Dall’inizio alla fine. Ci fosse stata una puntata della quale non disperarsi. A partire dall’invito del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza. Fatto che, opinione personale, è stato il vero, grande errore della faccenda. Tutto il resto è stato anche peggio, ma è nato da lì e dalla stupidità. Le polemiche sono scoppiate violentemente e prive di ogni controllo. E, dopo aver investito così un’intera settimana di cronache, il culmine, l’epilogo, è arrivato questa mattina a Piazza San Pietro.

200mila persone – queste le stime ufficiali rese note dalla stampa vaticana – hanno assistito al consueto messaggio domenicale del Pontefice. Che ha lanciuato il suo ringraziamento a universitari, professori e quanti sono venuti così numerosi in piazza San Pietro per partecipare alla preghiera dell’Angelus e per esprimermi solidarietà.

Kenya: Si va verso la guerra civile

La notizia da darsi è triste e personalmente mai mi sarei aspettato di dirla. Certo la situazione nel Kenya non era di certo tra le piu rosee o tra le più felici. Gli scontri c’erano e ci sono tuttora ma mai avrei pensato che sarebbero degenerati in maniera così definitiva. Perchè nonostante tutto sembrava che sia i due leader in “conflitto” sia i mediatori internazionali non volessero lasciare arrivare il paese in una situazione del genere.

Eppure così è e sembra sarà nei prossimi giorni. E notizia di poche ore fa che a Kisimu, città natale di Raila Odinga, leader dell’ Orange Democratic Movement, due manifestanti sono stati uccisi durante la loro protesta colpiti dalle forze dell’ordine. Il tutto è stato fatto in maniera “legale”, in quanto è stato ordinato agli agenti e all’esercito, se necessario, di sparare sui manifestanti.

Prospettare uno scenario da guerra civile diviene così un ovvietà. Un inasprimento delle violenze dovuto anche al fatto che, in concomitanza con la manifestazione di Kisimu, il Commonwealth ha giudicato irregolari le elezioni in Kenya.

Ratzinger, La Sapienza e il discorso mai fatto

Papa

In uno speciale di RepubblicaTV, ieri, Ezio Mauro ha provato a rispondere alla situazione attuale di questa Italia in subbuglio.

Un’idea malata, dice, è quella che ha portato alla situazione attuale. Allo scandalo dell’annnullamento della visita del Papa all’inaugurazione dell’anno accademico presso La Sapienza di Roma. Un’idea che non è neppure così forte. Un’idea che ha portato ad uno scandalo. Perchè tale è ormai l’incidente, a livello diplomatico e di immagine.

Si è più volte ripetuto quanto la miccia sia stata accesa dall’invito del Magnifico Rettore al Papa. Un cambio di tradizione – il Papa avrebbe addirittura dovuto tenere, in una prima ipotesi, addirittura la lectio magistralis, poi correttamente affidata ad un Professore. Una spirale poi di eventi che ha portato a problematiche di immagine, di coscienza, di morale, di intelligenza.

Che cosa ha da fare o da dire il Papa all’università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Questo, un passaggio del discorso che Benedetto XVI avrebbe dovuto pronunciare oggi all’università di Roma La Sapienza, e che sono state invece veicolate dal Magnifico Rettore Renato Guarini all’inaugurazione dell’anno accademico.

Meno degrado e più sicurezza per i romani

Un messaggio che “viene dar core” (i capitolini mi perdonino il mio dialetto romano maccaronico), sicuramente così si potrebbe definire il discorso che, in mattinata, il Pontefice ha tenuto in un incontro con gli amministratori di Roma, della provincia capitolina e della regione Lazio. Parole che riportano alla mente, come lo stesso Benedetto XVI ha citato, la morte di una innocente come Giovanna Reggiani.

Per coloro che non hanno a mente gli eventi di un paio di mesi fa, cerchiamo di fare un veloce “flashback”. Siamo a fine ottobre e Giovanna Reggiani, come sua abitudine scende alla fermata Tor di Quinto a Roma per tornare a casa dove l’attende il marito, il capitano di vascello della Marina Militare Giovanni Gumiero. Non arriverà mai a casa. A pochi metri dalla stazione Giovanna viene aggredita, violentata, derubata e lasciata in fin di vita. Ritrovata poi in un fossato poco lontano la donna morì in ospedale poco dopo. Si scoprì poi che i colpevoli di tale violenza furono dei rumeni.

Kenya: Il tempo della violenza è finito. Ora spazio alle parole.

Finalmente la calma sembra arrivata. Dopo giorni di scontri, di violenza, di morti, di feriti, di immagini che non vorremmo mai vedere in un paese civile, sembra giunto per il Kenya il momento di sedersi ad un tavolo e decidere sul da farsi.

Grazie all’intervento dei diversi mediatori internazionali sembra che le proposte di “riappacificamento” siano diverse, ma purtroppo tutte con i “pro” e i “contro” per ogni fazione.

La prima proposta arriva direttamente dal presidente rieletto Mwai Kibaki, che si è detto disposto alla creazione di una coalizione a larghe intese per governare il paese. Questa idea, però, comporta il riconoscimento di un’autorità governante in Kenya il che significherebbe dichiarare sconfitti “onestamente” l’ODM e Raila Odinga.

Odinga vince!

E’quasi una certezza ormai. Con più del 75% delle sezioni scrutinato, il leader dell’opposizione del governo keniano Raila Odinga è in vantaggio rispetto al presidente uscente Mwai Kibaki. Il risultato, seppur provvisorio, sembra decisamente incolmabile: 49,47% per Odinga, 45,35% per Kibaki.

Una vittoria di grande importanza, quella di Odinga, per diverse ragioni.