Obama, messaggio all’Iran

Obama, messaggio all’Iran. Ecco il testo integrale del discorso mandato in video da Obama, in cui si rivolge – è un momento storico – direttamente al popolo e ai leader iraniani.

Votatelo a piè di pagina, dopo il salto.

Condannato il giornalista che tirò le scarpe su Bush

Ve lo ricordate? Era diventato famoso in tutto il mondo. E’ lui l’uomo che, il 14 dicembre scorso, ha lanciato le sue scarpe contro l’allora (già ex) presidente degli Stati Uniti, George W. Bush. Muntazar al-Zaidi, giornalista iracheno, dopo quell’azione eclatante nel corso dell’ultima conferenza stampa di Bush in Iraq come inquilino della Casa Bianca.

Per quel gesto, il giornalista rischiava fino a 15 anni. Lui si è sempre dichiarato innocente. Ora è stato condannato a tre anni di carcere. Dhiaa al-Saadi, uno degli avvocati che difende Muntazar, fa sapere: Questa sentenza non è in armonia con la legge, faremo ricorso.

Staminali, Obama dice sì

[Photo|Flickr] Obama e le staminali. Lo aveva annunciato in campagna elettorale. Ora va avanti, e promette la massima attenzione su eventuali abusi. Ci sono valori e necessità di cui tener conto. Ma certo la decisione di Obama non vuol dire sì a tutto. Vuol dire – e il Presidente degli Stati Uniti ha tutta l’aria di crederci – una nuova era. Almeno in America. Almeno per la ricerca. A continuare a far venire il dubbio che quest’uomo, nel suo “piccolo”, possa rappresentare realmente un cambiamento.

Il presidente americano ha oggi rimosso i limiti al finanziamento pubblico alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Tali limiti erano stati imposti nel 2001 da… Naturalmente George W. Bush. Il predecessore di Barack li aveva ribaditi in un ordine presidenziale il 20 giugno 2007, insieme al  no alla clonazione umana per fini riproduttivi.

Obama ha rimosso i limiti per le staminali. Il Vaticano, prevedibilmente, lo ha attaccato.

Obama Day, la papera del giudice

[Photo| Flickr] Obama Day: Barack Hussein Obama è il 44esimo Presidente degli Stati Uniti. Già. Che scoop eh?

Barack Hussein Obama è anche un Presidente cui è scappato un sorriso nel corso del suo solenne giuramento ieri, seguito in diretta da milioni di persone, americani e non. Sorride, Barack, mentre giura solennemente sulla stessa Bibbia usata da Abraham Lincoln il 4 marzo 1861. Da allora, la copia non era mai stata più utilizzata per l’Inauguration Day.

Perché ha sorriso, il bell’Obama? Per la papera (no, non la moglie, di cui pure in molti hanno criticato il vestito giallo – polemica che, a mio avviso, fa molto “pippa” all’italiana, se permettete) del giudice John Roberts, che lo ha fatto sbagliare e gli ha fatto scappare un sorriso. Roberts, infatti, ha invertito alcune parole, e ha detto:

Giuro solennemente di svolgere l’incarico di Presidentedegli Stati Uniti con fedeltà

Mentre la formula era invertita:

Giuro solennemente di svolgere con fedeltà

Il fuori-etichetta è sempre meglio e più umano, in fondo…

Update: l’amico Tooby ci fa notare che potrebbe trattarsi di una vendetta. Un annetto fa il giudice Roberts era stato criticato aspramente proprio da Obama, il quale gli votò anche contro.

Obama Presidente. Obama Day

[Photo| Flickr] Obama Day. Finalmente ci siamo. Il grande giorno è arrivato: oggi il 44esimo presidente degli Stati Uniti, il primo afroamericano, si insedia alla Casa Bianca.

Due milioni di persone seguiranno l’evento – almeno – la cui security sarà composta da 20 mila uomini. Chi ha letto il discorso di Obama dice che protagonista sarà la cultura della responsabilità. Ieri Obama ha reso omaggio a Martin Luther King, nel giorno in cui l’America celebra il profeta dei diritti civili.

Obama e il volontariato. Il neopresidente ha chiesto agli americani di onorare la sua memoria con il volontariato. E ci ha messo la faccia: si è recato, infatti, all’ospedale dell’esercito americano di Walter Reed, per incontrare i soldati feriti e le loro famiglie. Non pago, è passato alla Sasha Bruce House, un centro di accoglienza per i giovani senza tetto, dove ha aiutato altri volontari a dipingere un muro.

Infine, una chicca attendendo le 12 ora locale di oggi – le 18 in Italia.

Guantanamo, Governo USA ammette l’utilizzo della tortura

Guantanamo? E’ una una prigione ben gestita, e chiuderla è proprio una cattiva decisione per Barack Obama.
A parlare è il vicepresidente uscente degli Stati Uniti, Dick Cheney, che, con l’ormai uscito di scena George W. Bush, ha sempre negato l’utilizzo di pratiche di tortura a Guantanamo. Per lui il problema è un altro: il carcere è diventato un simbolo per la sinistra in questo Paese e forse per alcuni nostri critici all’estero: hanno fatto una campagna così dura contro Guantanamo che ora non hanno altra scelta che chiuderlo.
Ma… Ooops I did it again.
Abbiamo torturato Qahtani
Ad ammetterlo in un’intervista al Washington Post è Susan Crawford, l’alta funzionaria del Pentagono incaricata di rivedere le pratiche di detenzione di Guantanamo. Qahtani è stato torturato, e su indicazione del ministro della Difesa, Robert Gates.
avevamo tutte le autorizzazioni per farlo: le conseguenze sulla salute del prigioniero sono state pero’ la goccia che ha fatto traboccare i vaso
Già, perchè il detenuto è stato ricoverato due volte, secondo il Washington Post, con sintomi di bradicardia (tachicardia estrema che può portare anche alla morte). E la tortura psicologica? Isolamento prolungato, privazione del sonno, esposizione al freddo, nudità, insulti alla madre e alle sorelle.

Dio non esiste. Neanche a Genova

[Foto| Flickr – Angela Gennaro]

La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.

Il messaggio vuole diffondere ottimismo. La battaglia degli atei è ormai combattuta a tamburo battente sugli autobus, e sta facendo il giro del mondo.  Atei alla riscossa, dunque: dopo Usa, Inghilterra e Spagna, l’autobus ateo sbarca anche in Italia.

E non in una città qualsiasi. Dal 4 febbraio, a Genova, i cittadini del capoluogo ligure vedranno circolare per le strade della città il classico mezzo pubblico tappezzato dalla scritta di cui sopra:

La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno

Niente altro che una pubblicità. Quella “cosa” che, dalla notte dei tempi, tappezza, in ogni città muri, case, strade e tram, autobus e metropolitane. Ovviamente questa non è una pubblicità qualsiasi. Ovviamente, questa scatenerà il putiferio. In Italia, a Genova poi – città di Bagnasco…

Dio non esiste, anzi sì. Scopritelo in autobus

Dio è morto, Marx pure e neanche io mi sento tanto bene, disse il buon Woody Allen.Ci sono delle pubblicità che stanno letteralmente scatenando un putiferio. Dopo Barcellona e gli Stati Uniti, anche a Londra, durante le feste natalizie, ha visto comparire sugli autobus della città una pubblicità certo “originale” e indubbiamente insolita. There’s probably no God. Now stop worrying and enjoy your life. Ovvero:

Forse Dio non esiste. Adesso smetti di preoccuparti e goditi la vita!

Fulmini e saette! Si è scatenato – come immaginerete – di tutto. Una nuova guerra santa, condotta a colpi di autobus… Negli Stati Uniti non è stata accolta benissimo. In Australia è stata bandita. A Madrid e Barcellona si sono fatti sentire i no.

2008, un anno in Politica Live – Secondo tempo

2008, anno bisestile. Parte seconda. La prima ci aveva lasciato con Barack Obama sfidante, per i Democrats, nella corsa alla Casa Bianca. Luglio è un mese intenso: il primo luglio la Francia assume la presidenza di turno dell’Unione europea, e il giorno dopo, dopo più di 6 anni di prigionia, viene liberata la giornalista e politica francocolombiana Ingrid Betancourt, dal 2002 in Colombia prigioniera della FARC.

Scarpe su Bush: dall’Iraq con amore



Da un lato fa ridere. Dall’altro, la prima domanda che mi è venuta in mente – e della cui eventuale risposta non si trova traccia, almeno sui giornali on line italiani – è stata: che faranno al franco tiratore di scarpe?


A George W. Bush (che io amo italianizzare, chiamandolo Giorgio Passeggiatore Cespuglio) è venuta una geniale idea. Invece di uscire di scena discretamente, ha voluto fare una bella visita a sorpresa in Iraq.


Già che c’era, ha svelato un paio di segretucci del mestiere, sottolineando che la guerra non è mica finita.


è il bacio dell’addio, sei un cane

(cane, nella cultura islamica, è uno tra i più pesanti insulti, perché l’animale in questione è considerato impuro. E anche le scarpe non vogliono certo comunicare stima). Gli ha urlato a un certo punto un giornalista iracheno, Muntazer al-Zaidi, della rete tv sunnita e antiamericana al-Bagdadia che trasmette dal Cairo, in Egitto. Letteralmente inferocito. E lanciandogli le scarpe.


Accusava – pensate – l’ormai ex Presidente USA di essere responsabile della morte di migliaia di iracheni.


USA: La scandalo pervade il Team Obama

Sotto le oniriche insegne inneggianti “Please Obama, Save US” con le quali i cittadini statunitensi chiedono al neo-presidente, seppur non ancora in carica, di portarli fuori dalla crisi, sempre gli americani richiedono ed esigono che venga fatta luce su questo scandalo che vede Obama molto vicino, fortunatamente solo geograficamente parlando.

L’affare Blagojevich, che si sta scatenando contro i democratici, fortunatamente almeno per ora non pare avere ripercussioni nei confronti di Obama, mentre invece pare potrebbe colpire alcuni membri del suo team: uno tra tutti, quello che sembrerebbe più invischiato nella faccenda (seppur non si sappia in che posizione), è il capo di gabinetto Rahm Emanuel.

Uno scandalo, quello sollevato dal caso Blagojevich, che deve fare riflettere e che, molto probabilmente, mostra un mondo, quello politico, che tanto rassomiglia a quelle opinioni di politica pessimistica alla quale, purtroppo, noi in Italia siamo abituati da tanto tempo. Il fatto è che qui, ormai, ci siamo abituati: per ora ci manca il presidente nero. Potremmo anche accontentarci di uno abbronzato.

Scandalo USA: Opposizione, no grazie

La situazione che va creandosi negli Stati Uniti dopo che è emerso lo scandalo sulla successione di Barack Obama sulla seggiola da senatore in rappresentanza dell’Illinois, è decisamente nello stile americano. Sicuramente non si può dire che sia uno stile italiano, perchè nel nostro paese in una situazione simile si sarebbe immediatamente gridato allo scandalo, al fatto che il premier non avrebbe potuto governare per questo o per quell’altro motivo e chi più ne ha più ne metta. Lo stile dell’opposizione a più basso profilo, specie su argomenti “out of politics”, è una delle situazioni che preferisco e che sono felice i repubblicani abbiano deciso di prendere.

Obama’s Team: La compagnia multicolore

Maligni voi che leggete! So che qualcuno di voi, alla lettura del titolo e all’accostamento del nome Obama e il termine multicolore avrà sicuramente pensato ad una sua nuova abbronzatura. Non preoccupatevi, tranquillizzatevi, fortunatamente questa volta non parleremo di queste doti “naturali” date al neo-presidente degli Stati Uniti d’America quanto invece alle tinte che ha preso la nuova squadra di governo creata da Barack Obama e che è stata presentata ufficialmente al popolo americano. Una squadra che dimostra, una volta di più, l’idea di cambiamento tanto annunciata dal coloured candidate, quanto effettivamente messa poi in pratica.

USA: Il Terrore è la causa della crisi

Sono intervenuti centinaia di trader esperti o meno, capaci o meno con un unico obiettivo: determinare definitivamente quale fosse l’elemento che ha scatenato la crisi dei mercati, debellarlo e cercare di ripartire. Nessuno ce la fece allora, costringendo il governo e successivamente i paesi del vecchio continente a vivere una delle crisi economiche più forti mai vissute.

Parlando di questo argomento è intervenuto anche Ayman Al Zawahiri, di cui sinceramente non conoscevo queste doti finanziarie, il quale ha pensato bene di ricordare come la crisi in realtà sia nata a causa dell’attacco americano nei confronti dei musulmani dopo l’11 settembre.

Ma se anche così fosse, caro Al Zawahiri, non credere che ora gli Stati Uniti ti daranno pace. In fondo loro si vendicano di ciò che avete fatto in quell’11 settembre del ormai triste 2001 e per cui, se mai si dovesse trovare un colpevole, il dito indicherebbe ancora voi. Per cui da italiano in crisi mi sento di dirti: Grazie Mille, Al Zawahiri.