Vigata? E’ protesta: Caro Montalbano, non esiste più

Commissario Montalbano, Vigata non esiste più. Per protesta.

A dirla tutta, Vigata non è mai esistita. Vigata, sulla costa siciliana, è il luogo dove Camilleri ambienta le avventure e le indagini di Salvo Montalbano.

Camilleri nelle sue opere racconta fatti e personaggi di Porto Empedocle, che però non è stato rappresentato nella fiction. È indispensabile che il nostro Comune si presenti a chi viene da fuori con il suo unico vero nome

Spiega il sindaco Calogero Firetto. Dopo che il paese non compare nell’ultima serie della fiction, ha fatto rimuovere tutti i cartelli con la scritta Vigata da tutti gli ingressi di Porto Empedocle. Dopo che, 4 anni prima, il suo predecessore Paolo Ferrara li aveva fatti mettere per “profittare” del successo dei romanzi ma ancor più della fiction sull’affascinante Commissario.

Pd, questione di morale



Non siamo la tangentopoli rossa


Sono due sindaci piddini a parlare, nel bel mezzo della questione morale che sta travolgendo il non-partito, inguaiato tra D’Alema e Veltroni.


Parlano: il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, e quello di Firenze, Leonardo Domenici, che ieri si è incatenato davanti alla sede della sede del gruppo Repubblica-l’Espresso con un cartello che rivendicava un’informazione corretta in merito alla vicenda politica innestata dall’inchiesta giudiziaria Fondiaria-Sai. E anche a Napoli, inchieste giudiziarie hanno coinvolto esponenti delle amministrazioni locali.


La crisi, in realtà, è della politica tutta, con buona pace del Premier che non perde l’occasione e che cavalca, naturalmente, l’Onda – non quella, ma la sua. Perché per il Pdl si tratta di una nuova Tangentopoli.


Diaz, Giustizia all’italiana

Assolti i vertici della polizia, insomma. Vorrei aver avuto l’idea geniale di Spinoza. Diaz Irae. Ma ancora meglio del titolo, la finta pubblicità stile GoogleAds, che recita:

Dimostrazioni Pacifiche

Chiamaci e organizzeremo per te una bella manifestazione pacifica. Gratis e subito! Dovrai solo marciare e gridare gli slogan che preferisci. A portare spranghe e molotov ci pensiamo noi! Siamo in via Francesco K. numero P2. www.digos.it

Genova-Eluana 1 a 1? Non si sa che dire. Stato di diritto sì, Stato di diritto no.

Roma, Commissione Marzano: Cui prodest?

Commissione Marzano: Cui prodest? Anzi, prima di tutto: cos’è? Si tratta di una compagine di docenti universitari, personalità del mondo dell’economia e dello spettacolo: 49 membri, di cui 7 donne. Mission: impossible, e cioè il futuro di Roma Capitale. La commissione è stata presentata dal sindaco, Gianni Alemanno e Antonio Marzano, che ieri si è insediato a capo della commissione.
Il documento programmatico della commissione sarà prodotto entro marzo, nel momento in cui la commissione verrà sciolta. Il fine ultimo è la stesura del

piano strategico di sviluppo

che verrà presentato a giugno. I membri si riuniranno una volta al mese.

Avrei voluto che fosse stato Amato qui al mio posto

Disse Marzano. Ma Amato ha rinunciato all’incarico di presidente della Commissione.

La calda estate dei sindaci sceriffi

In principio furono gli zoccoli a Capri. O meglio furono vietati. Troppo rumore si disse.
E’ stato pubblicato sabato sulla Gazzetta Ufficiale (GU n. 186 del 9-8-2008 ), diventando dunque norma effettiva, il decreto che precisa e definisce gli ambiti di applicazione dei poteri speciali conferiti ai sindaci in materia di sicurezza urbana e incolumità pubblica. Il decreto, firmato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni lo scorso 5 agosto, ha scatenato la fantasia dei “primi cittadini” del belpaese.
Forse scontenti per la scarsa attenzione dei media in genere sull’ordinaria amministrazione dei consigli e delle giunte comunali, alcuni sindaci della penisola guadagnano, in questi primi giorni dalla firma del ministro Maroni, la ribalta mediatica. O forse si tratta semplicemente della tradizionale virata al pittoresco che quotidiani e tiggì adottano nelle calde settimane d’agosto.

Il buco di Roma

Ma il buco c’è o non c’è? Il debito di Prodi c’era o non c’era? Da una settimana è balzato a copertura mediatica – sui dorsi locali de Il Messaggero e dei quotidiani nazionali, per poi passare al nazionale nel giro di pochi istanti. Roma è tappezzata da manifesti de Il Popolo della Libertà – Berlusconi per Alemanno, che recitano:

Veltroni ha lasciato un buco stratosfereico nel bilancio del Comune. Noi lo risolveremo

Il punto? Partiamo da un paio di considerazioni. Il buco c’è, è in corso l’avvio di un’indagine della magistratura. Il buco c’è, è pesante – il Comune di Roma è praticamente fallito – anche se le ricostruzioni dello stesso sono, naturalmente, assai diversi a seconda del punto di vista dal quale si guardi il subddetto benedetto buco di bilancio.
Ricordo nitidamente. Immediatamente post-elezioni, vinte da Gianni Alemanno, il neo-sindaco, finalmente ospite a Viva Radio 2, con Fiorello e Baldini, in verità dall’alto di un apprezzabile umorismo, aveva aggiunto a mozzichi e bocconi che stava verificando la presenza di un possibile ebuco nel bilancio del Comune.
Lo si sa da allora, lo si sa da sempre. Ma prima, forse, un tacito patto di apparente strumentale armonia delle parti – quella grandissima presa in giro che il Veltrusconi ha chiamato dialogo – prevedeva in agenda un’uscita del BUCO assai più soft di quella poi avvenuta.

Riprovevole Tangentopoli

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Si è tornato a parlare negli ultimi giorni del celebre tentativo di depenalizzare il reato di finanziamento pubblico ai partiti durante la bufera Tangentopoli, il decreto Conso, divenuto famoso come il colpo di spugna. Pochi giorni fa appariva sul Corriere della Sera un’intervista di Aldo Cazzullo a Giuliano Amato in cui il dottor sottile, così chiamato per l’esilità della sua figura ma soprattutto per la riconosciuta perspicacia, annunciava il ritiro dalla politica, l’ennesimo.
Senonchè, stuzzicato sull’argomento Tangentopoli dal giornalista del Corriere, l’ex premier dell’epoca si scopre, e sentendo già l’aria del buen retiro, spara a zero. Usando un termine inequivocabile: riprovevole. Da uno stralcio dell’intervista.
– Era il decreto Conso, che Scalfaro non firmò.
Non lo firmò dopo il pronunciamento della procura di Milano. Fu un episodio riprovevole il veto di un gruppo di magistrati a una disposizione legislativa.
Le cose però non andarono esattamente così. Brevemente, i fatti.

World Press – Rassegna Stampa Internazionale del 09 giugno 2008

Ore 01:09. L’eco dell’abbandono di Hillary Clinton dalle primarie democratiche si fa ancora sentire in alcuni paesi del vecchio continente, ma come spesso è usanza la domenica, ma ancor più in particolare nel weekend, l’attività politica tende spesso a stabilizzarsi e a concentrarsi sui piccoli problemi nazionali che ogni stato possiede. Poche le notizie riprese da tutti i quotidini a parte le vicende sportive di Euro 2008, ma quello è un altro discorso (ma a tal proposito un bel FORZA ITALIA per questa sera non me lo toglie nessuno). Tutto questo mentre il caro-petrolio impazza in tutta Europa quasi fosse una nuova malattia…

L’informazione? Questione di punti di vista. Ovvero: “Delle trasformazioni”

Tornando al Ponte sullo Stretto di Messina. Quando ero una studentessa felice – ‘nzomma – di Scienze della Comunicazione (Scienze delle merendine, sìsì) – mi sono imbattuta nei misteri della vita. L’analisi del testo e l’analisi del contenuto. Cose grosse, dunque. In quell’illusione sublime di trovare nel linguaggio una base ai contenuti. Alcuni parlavano persino di universalità.
L’analisi del contenuto è faccenda statunitense. Ad un popolo come quello italiano, ingrato (troppo spesso) erede di Dante, una faccenda del genere – l’eventuale trasposizione della matematica nelle regole della linguistica e della comunicazione – non può che essere poco comfortable, data la complessità, poi, della lingua madre, ben altra faccenda rispetto a quella anglosassone – che difatti, per facilità, si è imposta come lingua degli scambi internazionali.
Faccenda statunitense, dunque, che ha visto la luce agli inizi dello scorso secolo. L’analisi – la definizione all’epoca me la sono ripetuta molteplici volte – è quella del contenuto manifesto della comunicazione.

Roma, 30 anni dopo

Nuove tensioni politiche in quel di Roma. Il Pigneto è già quasi storia. Mentre stamane Roma è ripiombata in racconti e parole di tanti anni fa.
Scontri in via Cesare De Lollis, davanti all’Università La Sapienza. Scontri? Dati da, ebbene sì, così si è detto e così sono convinti gli stessi protagonisti, tensioni politiche.

Stavamo attaccando i nostri manifesti dopo che per tutta la notte Forza Nuova ha attacco i suoi davanti all’università, e all’improvviso sono arrivati i fascisti. Un nostro compagno è stato accoltellato e altri si sono ritrovati con la testa spaccata

Questa la versione dei Collettivi di sinistra. La rissa, durata una decina di minuti, ha coinvolto una ventina di militanti antifascisti e un gruppo di ragazzi di estrema destra.

Il Pigneto? Famoso in tutto il mondo

In piazza per condannare la violenza. In piazza, vicini ai cittadini immigrati del quartiere. Sabato scorso il mondo si è accorto dell’esitenza dall’improbabile appeal per la stampa internazionale. Questo, naturalmente, in normali condizioni.
Sabato scorso un raid in piena regola ha sconvolto questo quartiere, a due passi dalla stazione Termini. Un quartiere che, negli ultimi tempi, è entrato in una fase di riabilitazione in senso cool e trendy. Il quartiere che, in teermini di vita notturna, arriva ormai a sostituire il tradizionale, studentesco e di salsa sinistroide San Lorenzo. Un quartiere ancora a metà strada, con zone di luce ed ombra in simbiotica vicinanza.
Il Pigneto, isomma, periferia ovest di Roma. Un gruppo di italiani incappucciati ha devastato, sabato scorso, a colpi di mazze e spranghe, alcuni negozi di cittadini del Bangladesh, colpendo anche un immigrato. Culmine di una successione di eventi che lasciano senza parole. Oggi, la protesta.

Chi ha paura di Beppe Grillo parte II

Signor Presidente della Repubblica Italiana,
permettetemi, grato, per la benevola accoglienza che un giorno avete fatto, di inviarmi la vostra approvazione per mia la raccolta di testimonianze sul precariato, di dirvi che la Vostra stella, se felice fino ad ora, è minacciata dalla più offensiva ed inqualificabile delle macchie. Ma quale macchia di fango sul Vostro nome, stavo per dire sulla Repubblica che rappresentate, soltanto quell’abominevole affare della Campania!

Comincia così la libera interpretazione del j’accuse di Emile Zola in chiave moderna e grillante. Tutta italiana.

Gomorra: non un film, non un libro

Il libro: più di un milione di copie vendute. Il film. A Cannes. Un viaggio in cinque storie all’interno del mondo affaristico e criminale della camorra napoletana. Potere, soldi e sangue sono i denominatori comuni. Gomorra arriva anche nelle sale. Perchè il potere dell’immagine tocca target assai differenti da quelli raggiunti dalle parole scritte.
Imperdonabile era già il libro. Ma il successo, per la mafia, dev’essere faccenda ancora più difficile da digerire. 33 paesi ne hanno comprato i diritti. Ce l’ho qui sotto mano, edizione Strade Blu Mondadori. Va oltre l’inchiesta, la denuncia, forse anche l’osservazione partecipante di impostazione sociologica.
Il regista è Garrone, un visionario.