Paolo Romani nuovo ministro dello Sviluppo economico

Giuramento al Quirinale, poi l’annuncio conseguente. Paolo Romani, già viceministro alle Comunicazioni, è il nuovo ministro dello Sviluppo economico.

Il ruolo che fu di Claudio Scajola (si è dimesso 154 giorni fa in seguito all’accusa di aver ricevuto denaro da imprenditori coinvolti nell’inchiesta sugli appalti del G8 per acquistare un appartamento con vista sul Colosseo) e che in questo lasso di tempo è stato ricoperto da Silvio Berlusconi (ad interim) trova quindi un nuovo referente istituzionale.

Il nome di Romani, per la verità, circolava da tempo ma il Premier ha optato per ricoprire la funzione in prima persona. Fino a quando, evidente, le pressioni mediatiche non si sono fatte sempre più pressanti. In verità, Berlusconi aveva provato a convincere prima il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, e poi quello di Confindustria, Emma Marcegaglia: da entrambi, tuttavia, nessun segnale incoraggiante.

Discorso Berlusconi 29-09-2010: le reazioni della politica

Silvio Berlusconi ha parlato: in Parlamento gli è occorsa poco meno di un’ora per rendere pubblico il pensero della maggioranza di Governo rispetto alla situazione di crisi che ha portato il Premier a chiedere la fiducia dell’emiciclo. Parole misurate e propositive, nessun tono acerrimo nè sfida a muso duro nei confronti degli avversari.

Tutt’altro: aperture e citazioni (riprese, tra le altre, le parole di Walter Veltroni, allora segretario Pd, che richiamava alla memoria Piero Calamandrei) hanno condito le frasi del fondatore del Popolo delle Libertà anche se una evidenza su tutte pare importante.

Di fatto Berlusconi, pur aprendo al confronto con i finiani di Futuro e Libertà, non ha – per dirla alla Ignazio La Russa – “esteso alcun riconoscimento nè concessione verso il gruppo che si rifa a Gianfranco Fini“. In tal senso, il Presidente della Camera (che non può certo essere soddisfatto delle parole udite) ha ammesso (al termine di un conciliabolo con i “suoi”) che l’intervento di Berlusconi – per quanto non apprezzato – non lascia scelta: Futuro e Libertà garantirà la fiducia alla maggioranza.

Il pensiero del Fli lo si individua anche attraverso le dichiarazioni – che hanno fatto seguito all’intervento del Premier – di Fabio Granata:Non abbiamo bisogno di riconoscimenti. Noi ci siamo, esistiamo già. Siamo un gruppo parlamentare e presto saremo anche una forza politica“.

Berlusconi alla Camera: “Nessuna alternativa a questo Governo, le opposizioni responsabili riflettano”

Silvio Berlusconi ha parlato dai banchi della Camera dei Deputati per chiedere la fiducia al Governo che presiede. Un discorso di 54 minuti (dalle 11.01 alle 11.55) diviso in due parti: nel corso della prima, il Premier ha illustrato i risultati portati a compimento dall’esecutivo che presiede, nella seconda ha dettagliato i punti (cinque e ben noti: federalismo, riforma tributaria, riforma della giustizia, piano sicurezza e Sud) attorno ai quali chiamare il Parlamento a estendergli o meno la fiducia nel proseguire la legislatura.

Non si è negato, Berlusconi, neppure a giudizi relativi alla crisi della maggioranza, dove il nuovo gruppo parlamentare di Fli rivendica autonomia e dignità politica. A stralci, i passaggi più significativi dell’intervento del fondatore del Popolo delle Libertà.

PARLAMENTO-GOVERNO. Non vi può essere nè autentica democrazia nè buon governo se il Parlamento non è libero e forte. Tra il Parlamento e il Governo non vi può mai essere contrapposizione“.

ECONOMIA.Credo si debba formulare un giudizio positivo sull’operato del governo, a cominciare da quanto è stato fatto sul fronte della crisi economica. Non ci siamo fatti trovare impreparati, ma nessuno poteva immaginare che sarebbe stata così profonda“.

La “spesa” di Berlusconi: 5 dall’UdC e 2 da Api

Vigilia del discorso parlamentare di Silvio Berlusconi che, mercoledì alla Camera, metterà nero su bianco i cinque punti programmatici intorno ai quali rinsaldare la propria maggioranza. Tra dichiarazioni (di tutti), discorsi alla nazione (di Gianfranco Fini) e denunce di dossieraggio politico (di Futuro e Libertà e delle opposizioni in genere), il Premier ha intessuto il capolavoro diplomatico andando alla ricerca di nuovi adepti e pare, stando a indiscrezioni e conferme, che l’opera di pubbliche relazioni abbia per ora fruttato la scritturazione di sette nuovi alleati.

Finiti nel gruppo misto. Si tratta di cinque ex UdC (Calogero Mannino, Saverio Romano, Giuseppe Drago, Giuseppe  Ruvolo e Michele Pisacane: noti alle cronache poitiche come i cinque “siciliani”) i quali andranno a formare il gruppo “Popolari per l’Italia” e due ex Api (l’Alleanza per l’Italia di Francesco Rutelli), Massimo Calero e Bruno Cesario. Il vocio crescente è che Calearo (il cui recente percorso politico è stato il seguente: eletto con il Pd, passato all’Api, ora nel Gruppo Misto) abbia ricevuto la promessa di un ministero.

Caso Montecarlo, i finiani su Lavitola: “Il falso documento è opera sua”


La casa di Montecarlo, nella quale Gian Carlo Tulliani vive in affitto, sarebbe in realtà di proprietà del cognato di Gianfranco Fini. E’ quanto trapela dai documenti pubblicati da due giornali di Santo Domingo – e ripresi da Il Giornale e da Libero – secondo cui, dietro le due società off shore, ci sarebbe il fratello della consorte del Presidente della Camera.

Lo stesso documento sarebbe stato redatto dal ministero preposto dello Stato di Santa Lucia: Fini si è affrettato a smentire la versione dei fatti, i finiani hanno parlato di azione di killeraggio da parte dei servizi segreti italiani, manovrati a suon di milioni dall’Esecutivo nazionale.

Scalpore, clamore, confusione ai massimi storici: ci si capisce poco ma, tra accuse e smentite, è stato individuato colui che sarebbe responsabile del “falso”: risponde, stando a repubblica.it e alla tesi sostenuta dai referenti di Futuro e Libertà, al nome di Valter Lavitola, direttore dell’Avanti e parlamentare PdL.

Italo Bocchino (Fli): “Lavitola sarebbe uno degli uomini che ha lavorato a questa patacca per consegnarla al premier. E’ stato con Berlusconi nel recente viaggio in Centro e Sud America. Il dossier è stato prodotto ad arte da un persona molto vicina a Berlusconi“.

Miccichè lascia il PdL: “Fondo il partito del popolo siciliano”

Gianfranco Micciché lascia il Pdl. Conferma il diretto interessato nel corso di una intervista al quotidiano Il Corriere della Sera. A rendere ancora più critico lo scenario politico di questa coda d’estate, è la decisione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, legato a Silvio Berlusconi fin dal lontano 1993, anno in cui l’attuale Premier fece affidamento alle capacità di un manipolo di uomini provenienti da Publitalia ’80 per diffondere il messaggio di Forza Italia.

Da allora, fedeltà al partito fino allo scorso 2008, quando qualcosa si incrina: in primo luogo, il legame tra due alleati storici quali erano stati Miccichè e Totò Cuffaro, a tal punto sfaldato che lo stesso Miccichè si farà pregare (e rilasciare garanzie precise: un ruolo di vertice nell’Esecutivo) prima di appoggiare la candidatura a Presidente della Regione Sicilia di Raffaele Lombardo (intimo dello stesso Cuffaro).

Invece, con il passare dei mesi e con il rafforzamento dei rapporti tra lo stesso Lombardo e Miccichè (legame ora nuopvamente ai minimi storici per via dell’intesa di Lombardo con il Pd) quest’ultimo conferma l’intenzione di voler lavorare per la creazione di un partito del Sud e frenare l’impeto leghista che sbilanciava il PdL in direzione opposta.

Berlusconi: “Compravendita degli onoervoli? Macchè, tutti eletti con noi”

Mentre Fabrizio Cicchitto, capogruppo PdL alla Camera dei Deputati ufficializza l’ultimatum ai finiani fuoriusciti dal gruppo parlamentare e finiti in Futuro e libertà (delle due l’una, il senso delle parole di Cicchitto: o vi riaccasate nel Pdl in un unico gruppo parlamentare o la scissione sfoci in una nuova forza partitica), l’ala del centro destra che risponde in prima persona a Gianfranco Fini replica in maniera piccata e non lascia adito a dubbi.

Carmelo Briguglio:L’osservazione di Cicchitto è acutissima: dopo l’intervento di Fini a Mirabello non ci sono ambiguità. La strada? E’ la seconda che ha detto“. Italo Bocchino:E’ lo stesso Cicchitto a porre la questione in termmini ultimativi: o rientrate o formate un nuovo partito. Non ci lascia scelta. Ma Cicchitto dimentica che esiste un editto che dichiara Fini incompatibile con il Pdl: in base a questo editto siamo tutti incompatibili e le conseguenze verranno tratte a tempo debito“.

Governo, il piano Berlusconi – Alemanno per la fiducia parlamentare


In attesa che il gruppo di responsabilità si faccia realmente avanti, Silvio Berlusconi – con il sostegno operativo di Gianni Alemanno – sta cercando di intessere un piano alternativo affinchè il Governo possa contare su una maggioranza oggettiva il prossimo 28 settembre, giorno in cui il Premier si presenterà in Parlamento (alla Camera) per illustrare i cinque programmatici sui quali chiederà la fiducia a governare per il prossimo triennio. Arrivare a scadenza naturale non è più così scontato, visto che i deputati di Futuro e Libertà (oramai a tutti gli effetti autonomi e svincolati dal PdL: l’unione è attestata dal mero rispetto del programma elettorale) non garantiscono più all’Esecutivo un sostegno unilaterale e a prescindere.

Per iniziativa del repubblicano Francesco Nucara si stava allestendo una pattuglia di eletti che – indipendentemente dalla decisione dei rispettivi partiti di appartenenza: UdC, MpA, gruppo misto, Svp – potesse assicurare a Berlusconi un numero certo di voti (si è vociferato una ventina, ma uno alla volta – laddove interpellati – hanno mostrato di non essere interessati). I venti salvagenti, quindi, sono quasi tutti ciambelle con il buco: a galla non ci si sta.

Venti salvagenti per Berlusconi, ma è giallo

Annunciata la formazione di un gruppo di responsabilità in soccorso dell’attuale Esecutivo: venti parlamentari appartenenti a partiti che finora non hanno appoggiato il Governo presieduto da Silvio Berlusconi sarebbero pronti a costituire una formazione ad hoc con il fine di assicurare alla maggioranza il numero necessario per andare avanti: a promuoverlo sarebbe stato il repubblicano Francesco Nucara che nella giornata di ieri annunciava in pompa magna la buona riuscita del proposito.

Il toto nomi si è scatenato appena dopo la pubblicazione del proclama: alcuni UdC, esponenti del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo e rappresentanti della Svp, stando alle prime indiscrezioni, sarebbero pronti a lasciare il partito di appartenenza (non allineato, in nessuno dei tre casi, con il Premier) e attuare il salto.

Sondaggio elettorale: ecco quali partiti voterebbero gli italiani

Dopo la fase di chiusura delle principali feste di partito (nel corso della giornata di domenica, hanno parlato in sequenza: Silvio Barlusconi ai giovani del Pdl di Atreju 2010; Pier Luigi Bersani da Torino, serata finale della kermesse democratica; Umberto Bossi da Venezia, chiusura della festa dei Popoli Padani; Pier Ferdinando Casini da Chianciano, a corollario del raduno annuale dell’UdC), si torna a vivere nell’attesa del discorso del Premier in Parlamento: il 28 settembre, infatti, l’Esecutivo chiederà la fiducia rispetto al programma di cinque punti con cui affrontare i tre anni che restano alla scadenza del mandato naturale.

La crisi pare un po’ meno evidente, sul ricorso preventivo alle urne – per il quale avremmo scommesso una cifra elevata solo una settimana fa – appare non così scontato. “Avremo una larga maggioranza nell’emiciclo“, ripeteva il Presidente del Consiglio, lasciando intendere di poter contare non solo sulla lealtà dei finiani (“che hanno pagato un debito di riconoscenza nei confronti di Gianfranco Fini“) ma anche – laddove fosse numericamente necessario – sul voto di una schiera di centristi i quali si svincolerebbero dalle scelte del partito di riferimento.

UdC, Casini: “Berlusconi si dimetta”

La soluzione ideale per sostituire i finiani e consentire all’Esecutivo di disporre di una maggioranza necessaria per durare senza difficoltà fino a fine legislatura, Silvio Berlusconi l’aveva individuata. Reclutare gli ex alleati dell’Unione di Centro, reintegrare Pier Ferdinando Casini e garantire al Governo una compattezza numerica indispensabile.

Stando alle parole del leader dell’UdC, il Premier avrebbe messo sul piatto tutto quello che gli era politicamente possibile: un corteggiamento serrato che, a quanto si apprende, è servito solo a far vacillare alcuni esponenti dell’area centrista, non certo il suo riferimento principale.

Berlusconi: “Governo fino a fine legislatura”

Dalle parti del Popolo delle Libertà non si parla più di voto anticipato, anzi. Nessun ricorso preventivo alle urne, avanti a governare fino a fine legislatura. Silvio Berlusconi lo sta ripetendo da diversi giorni: dopo aver convinto Umberto Bossi (di rimando, la Lega Nord) a rinunciare alla tornata elettorale, il Premier pare sempre più deciso a portare a termine il proprio mandato e arrivare a scadenza naturale.

Non solo: l’inutilità dei finiani per il PdL è presa d’atto confermata dallo stesso capo del Governo in collegamento odierno con la scuola di formazione politica del Pdl riunita a Gubbio: “La vecchia politica politicante non avrà la meglio. Siamo sereni e saldi, ci siamo sempre tenuti lontani da questo teatrino sempre più insulso e sempre più assurdo portato avanti da antiberlusconiani vecchi e nuovi che possono produrre tutte le chiacchiere e le feste di partito  che vogliono, ma non avranno mai la soddisfazione di vedere un nostro concorso nel fare precipitare l’Italia verso la crisi. E’ una questione di responsabilità, anche perché l’esecutivo ha fatto tanto per mettere i conti pubblici in sicurezza e per rassicurare i mercati: ma non ci scordiamo mai che l’Italia potrebbe correre il rischio di una sfiducia, anche magari solo parziale, sui mercati“.

Accantonato, quindi, ogni proposito di sfidare i sondaggi (che pure sembrano benevoli): ha prevalso, ancor prima del buonsenso, il timore di mettere in pericolo molteplici interessi (aziendali, processuali, politici) che – dato di fatto – continuano a soggiacere su una fune traballante.

Berlusconi a Bossi: “Quindici giorni per fare fuori i finiani”

La nuova sfida di Silvio Berlusconi è quella di convincere Umberto Bossi a rinunciare al voto anticipato e optare per la prosecuzione dell’attuale percorso esecutivo. La promessa del Premier, in tal senso, ha assunto sfaccettature e connotati dettagliati: quindici giorni – dice il fondatore del PdL – per assicurarci una nuova maggioranza parlamentare che non tenga più conto dell’apporto di Futuro e Libertà.

In sostanza, dice Berlusconi, “riuscirò a garantire stabilità senza dover contare sui finiani che, a quel punto, faranno quello che gli pare senza tenere in scacco il Governo“. Il banco di prova è rappresentato dal 28 settembre, giorno in cui il Presidente del Consiglio si recherà nell’emiciclo per chiedere la fiducia sul programma.

Dovesse fallire anche questo tentativo – in sostanza – allora Berlusconi cederebbe alle pressioni della Lega Nord e, tra la presa d’atto e le elezioni anticipate, il passaggio sarebbe breve, immediato, necessario. Stavolta, tuttavia, l’accondiscendenza del Senatur potrebbe anche non bastare: troppi gli elementi che portano Bossi a ritenere urgente e irrinunciabile il voto immediato, non ultimo la sensazione che – in caso di tenuta momentanea – non si farebbe che prolungare l’agonia. Rimandandola senza riuscire a risolvere il problema.

Bossi – Di Pietro: “ELEZIONI”

Le dichiarazioni di Umberto Bossi e Antonio Di Pietro, pur differendo in maniera notevole nella forma e nei contenuti, portano allo stesso obiettivo: elezioni anticipate. Lega Nord e Italia dei Valori hanno dalla loro il supporto dei sondaggi, che danno entrambe le forze politiche in crescita di consensi, e vivono l’attuale crisi dell’esecutivo nella convinzione che un processo di appianamento delle divergenze in corso sia oramai impensabile.

Il leader di IdV, intervenuto in chat a repubblica.it analizza lo stato delle cose e non risparmia critiche feroci ad alcuna componente del centro destra, puntando il dito anche sul Presidente della Camera – Gianfranco Fini – per un atteggiamento da leggersi come cerchiobottista: “Berlusconi e Bossi devono andare al Colle ma per dimettersi. Non hanno la loro maggioranza, hanno tradito il mandato ricevuto dagli elettori. Hanno fatto solo leggi personali e per la cricca, e oggi se ne accorge anche Fini. Il presidente della Camera fa il mio stesso discorso la differenza è che io sto all’opposizione, mentre lui riconferma la fiducia a Berlusconi. Ecco perché non gli faccio sconti“.