Strage di Via d’Amelio 19 anni fa, la morte di Borsellino

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19 anni fa, in Via d’Amelio, veniva portato a termine l’attentato che uccise Paolo Borsellino, uno degli esponenti principali dell’antimafia di quel periodo. Oggi a Palermo si ricorda quella tragedia e quella figura di Borsellino con la commemorazione ufficiale, al quale stanno partecipando in queste ore Fini e anche il presidente Napolitano.

Fini ha recentemente dichiarato, che per bloccare la mafia all’interno della politica è necessario “non candidare coloro che sono sospettati di avere contatti con la mafia” e anche “non elevare a posti di responsabilità pubblica chi risulta inquisito”. Fini poi conclude con un affondo, dicendo: “La mafia punta a svuotare lo Stato incuneandosi nelle zone d’ombra che possono essere presenti e sfruttando aree di contiguità”, ha rimarcato Fini aggiungendo che “è necessario mantenere alta l’attenzione morale contro l’assopimento delle coscienze”.

Trattativa stato-mafia, Brusca accusa Nicola Mancino

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Durante l’udienza nell’aula Bunker del tribunale di Firenze, il pentito Giovanni Brusca ha dichiarato che il mittente finale, delle stragi del 1993, era Nicola Minetti. L’udienza si tiene in merito al presunto coinvolgimento tra StatoMafia. Brusca, dichiara che durante una conversazione con Riina, quest’ultimo gli avrebbe dichiarato: “si sono fatti sotto”. “Non mi disse il tramite – ha aggiunto Brusca – ma il committente finale e mi fece il nome di Mancino”.

Lo stesso Brusca ha poi dichiarato che sia Berlusconi che dell’Utri sono completamente estranei alla vicenda: “Con mio cognato parlavamo di Berlusconi e dell’Utri e io gli ho detto che non c’entrano niente con le stragi”.

Palermo ricorda Paolo Borsellino a 18 anni dall’attentato di via D’Amelio

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Una tre giorni di commemorazioni, a Palermo, per conservare eterno il ricordo di Paolo Borsellino. Più di un evento per custodire gli ideali propri del magistrato. E’ da un po’ che Palermo – una bella fetta di palermitani – ha deciso di non voltare la testa, non affossarla sotto la sabbia, non avere paura. L’ennesimo passaggio della voglia di non piegarsi alla malavita lo mettono a compimento le Istituzioni, i privati cittadini. Sabato 18 luglio, domenica 19 luglio, lunedì 20 luglio. Nel 1992, sarebbero stati “vigilia di morte”, poi “morte”, poi ancora “dolore”. Nel 2010 si possono indicare come giorni da bollino rosso (per il caldo record) e quali finestre attraverso le quali custodire indelebile l’esempio di Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940; Palermo, 19 luglio 1992). Evento inaugurale del “week end lungo” commemorativo rappresentato dal momento in cui, nell’Aula Magna del palazzo di giustizia di Palermo, ci si è alzati in piedi. Tutti. Con in mano l’agenda rossa. E’ stato il modo in cui la sezione distrettuale dell’Associazione nazionale magistrati ha dato il là alle cerimonie dopo che nella mattina esponenti e simpatizzanti del comitato “Scorta civica” aveva organizzato un presidio in piazza Vittorio Emanuele Orlando, davanti al palazzo di giustizia, esponendo come simbolo proprio l’agenda rossa.

Stato-Mafia, Grasso intervistato dal Tg3

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La parole della settimana è papello. Peccato che non se ne stia praticamente già più parlando. I contenuti sono noti. Analizzarli e farne contenuto dell’agenda politica? Perplime l’ipotesi. Eppure chi si è veramente stupito del papello? Del sentirsi dire: la trattativa Stato-Mafia…

Eppure il procuratore nazionale antimafia, intervistato dal Tg3, parla.

Il momento era terribile, e bisognava cercare di bloccare questa deriva stragista che era cominciata con la strage di Falcone

La trattativa con la mafia nei primi anni 90 c’è stata. Cosa nostra aveva capito di poter ricattare lo Stato. Alla Procura di Palermo, il figlio di Vito Ciancimino ha consegnato, nei giorni scorsi, quello che assicura essere il “papello” elaborato da Riina per avviare la trattativa tra Stato e mafia. Aizzando – assolutamente non abbastanza – la polemica, e lasciando molti dubbi e interrogativi aperti con l’indagine della Procura di Palermo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia e i riscontri sull’attendibilità del celebre pezzo di carta in oggetto (per l’ex presidente della Camera, Luciano Violante, quello pubblicato da l’Espresso è una “bufala”).

Se Saviano va via

Se Saviano va via. La mafia non sarà più la grande assente delle campagne elettorali in Italia.

Andrò via dall’Italia, almeno per un periodo e poi si vedrà…

E l’opinione pubblica si mobilita. Gli scrittori italiani manifestano solidarietà. E consigliano: lasciare l’Italia in questo momento è la cosa più giusta.
Se Saviano va via. Andare via dall’Italia sarà sempre la cosa più giusta. Se Saviano va via. L’Italia non potrà più cambiare.

A Rita Atria e Adolfo Parmaliana

Nuovo quesito. Cosa vi dice il nome di Rita Atria?

Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.
Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta

Questa era Rita. Questo il suo testamento.
L’Italia fa i suoi martiri. Agli italiani, in fondo, piacciono. Si fanno i martiri, e poi li si compiangono. Il procedimento, in fondo, è assai semplice, e affatto faticoso.
Sono passati in un lampo i 15 minuti di celebrità per Adolfo Parmaliana, professore antimafia di Messina. Suicida. Si è gettato da un cavalcavia. Da solo? Chissà. Si è suicidato – questa la versione ufficiale dei fatti – come nel 1992 si è suicidata Rita Atria, testimone di Borsellino, dopo la morte del magistrato. Un salto nel vuoto.

Le accuse di oggi, per non dimenticare le stragi di ieri

Beppe Grillo comincia così il post di ieri:

Gli italiani non si meritavano Giovanni Falcone

Un post dal titolo:

Uomini e mezz’uomini, ominicchi, piglianculo e quaquaraquà

E riecheggiano le parole.

Gli italiani non si meritavano Giovanni Falcone

Non c’è un solo modo al mondo per confutarle. Per tutti quagli italiani che, forse, Falcone lo hanno anche meritato, o continuano a meritarlo, in proporzione ce ne sono almeno altri dieci che cancellano e disintegrano quei meriti.

In memoria delle vittime di mafia

Il 19 luglio di 16 anni fa, Paolo Borsellino e la sua scorta venivano assassinati. A loro, a Peppino Impastato, di cui quest’anno ricorre il trentennale della morte, e a Rocco Gatto ucciso dalla ‘ndrangheta a Gioiosa Ionica nel 1977, i Têtes de Bois dedicano una tappa speciale del loro tour all’interno de “I Concerti del Parco” in programma ieri alle 21 a Roma. Ha partecipato anche Marco Paolini.
Ho letto questo trafiletto. Mette su molta tristezza. Necessaria.
Il 19 luglio di 16 anni fa, Paolo Borsellino e la sua scorta venivano assassinati.

In memoria di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone


“La nascita della seconda Repubblica sul sangue di Falcone e Borsellino”


Palermo – Palazzo Steri – Piazza Marina
Venerdì 18 luglio 2008 ore 20,30


Interverranno:


Salvatore Borsellino


Luigi De Magistris


Roberto Scarpinato


Antonio Ingroia


Giuseppe Lumia


Giorgio Bongiovanni


Radio Radicale ha deciso di registrare integralmente l’audio e il video del nostro convegno del 18 luglio a Palazzo Steri, orientativamente un paio di giorni dopo sia l’audio che il video saranno scaricabili sul sito di Radio Radicale www.radioradicale.it cliccando la sezione “audio-video”. Anche l’emittente televisiva Telejato registrerà il tutto mandandolo poi in onda sulla propria tv e sul sito www.telejato.it.


Il memoriale di Vincenzo Calcara (parte VI)

Pagine da 28 a 49.
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Dopo di che dico ancora al Dr.Borsellino: Dottore caro, ho percepito e sono sicurissimo che chi ha ordinato a Messina Denaro Francesco di organizzare un piano per ucciderla gli ha anche manifestato la preoccupazione e la paura che questo piano potesse fallire. Tanto è vero che, per mettersi al sicuro Messina Denaro Francesco, ha organizzato non uno ma due piani per ucciderla affinchè sia nell’uno che nell’altro non possa avere scampo! Il primo consisteva di ucciderlo con un fucile di precisione e li sarei stato io a sparare, il secondo piamo consisteva di ucciderlo con una autobomba, e anche li avrei partecipato con un ruolo di minore portata facendo da copertura.
Quando ebbi finito di parlare il Dr. Borsellino si alza all’impiedi, si accende una sigaretta e inizia a parlarmi con queste parole : “Fino a pochi istanti fa ero seduto accanto a te, ascoltando attentamente e volutamente ogni tua parola. In questo momento non è il tuo Capo che ti parla ma un Giudice che servirà fedelmente lo Stato e la Società Civile fino all’ultimo momento.”
(29)
Mi dice ancora: “Pagherei qualunque cosa pur di poter dire in faccia a questi cosiddetti capi che la decisione che hanno preso di uccidere il mio amico Giovanni Falcone non è altro che una decisione ignobile partorita da una mente ancora più ignobile! L’unica Regola donore che gli era rimasta, quella di non uccidere non le femmine, ma le Donne, non l’hanno neanche rispettata. Meritano veramente disprezzo. Questi uomini, se così si possono definire, non rappresentano e non sono figli di una potente e nobile IDEA ma rappresentano e sono figli di una debole, ignobile e malata IDEA del Male, incarnata nell’ ILLUSIONE che li nutre di valori ignobili che entrano nella loro mente malata di uomini infami che non conoscono l’onore e neanche quei Grandi Valori che stavano dietro il mio Amico Giovanni Falcone e la sua Donna che ha avuto solo la colpa di seguire il Suo UOMO!. (Queste parole le diceva con tanta rabbia!) Ma io non gli darò la possibilità di uccidere la mia Donna, non glielo permetterò mai. Ti dico anche che loro possono uccidere il mio Corpo Fisico, e di questo ne sono ben cosciente, ma sono ancora più cosciente che non potranno uccidere le mie IDEE e tutto ciò a cui credo!

Il memoriale di Vincenzo Calcara (parte V)

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Ricordo quando mi trovai nella cella di isolamento al carcere di Favignana, quando dopo una lunga introspezione ed una analisi di tutto ciò che era stata la mia vita ho capito che la mafia mi aveva usato, educandomi a valori sbagliati, ipocriti e violenti che avevano messo in pericolo la mia vita. In quei momenti mi veniva in mente il Dr. Borsellino, il Giudice che avrei dovuto uccidere per eliminare uno dei maggiori ostacoli al domino mafioso.
Il mio non è stato solo un pentimento giudiziario ma anche un pentimento interiore, morale, che metteva in ballo tutti quei valori e insegnamenti mafiosi che avevano mostrato tutta la loro debolezza davanti al nobile coraggio del Dr. Borsellino di cui condividevo lo stesso destino di morte deciso dai capi mafiosi e da quelle entità racchiuse in una grande e potente forza del male.
Quando ho incontrato il Dr. Borsellino ho capito che c’era qualcosa che ci univa e che questa cosa non era solo il nostro legame tanto diverso con quella forza del male di cui io facevo parte ma qualcosa di ancora più oscuro e ineluttabile e cioè l’oscura immensità della morte! Sapevamo entrambi che saremmo morti e questo ci ha reso ancora più vicini. Tutte le volte che lo incontravo rimanevo veramente colpito dal suo sorriso disarmante, da quella luce nello sguardo di chi è fedele a se stesso ed alle regole fino in fondo, ma anche dalla sua bontà, degna solo dei più devoti cristiani.

Il memoriale di Vincenzo Calcara (parte IV)

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Dopo le prime tre parti di ieri, pubblichiamo la quarta parte del memoriale di Vincenzo Calcara, collaboratore di giustizia.
Dissi al Dr. Borsellino che ero venuto a conoscenza non solo che esistevano cinque ENTITA’ collegate nel Cuore di una POTENTE IDEA, ma anche di aver visto con i miei occhi gli uomini al Vertice di ogni ENTITA’ riunirsi nella villa di LUCCHESE Michele a Paderno Dugnano dove io avevo la residenza. Il giorno di questa importante RIUNIONE il Lucchese mi ha ordinato di stare nella stanza accanto dandomi il compito di servire le bevande, il caffè e altro ogni qualvolta veniva chiesto.
Questa riunione è stata nell’estate del 1981 ed erano presenti: BERNARDO PROVENZANO, MESSINA DENARO FRANCESCO, il POTENTE UOMO POLITICO, IL CARDINALE, IL NOTAIO ALBANO, FRANCESCO NIRTA DI SAN LUCA, etc. etc. Il Comandante dei Carabinieri GIORGIO DONATO dava la copertura e controllava il territorio di Paderno Dugnano.
Il motivo di questa riunione è stato perché si doveva riparare ha tutti i danni che ha causato il Dr. CALVI per la perdita di tantissimi miliardi! Quel giorno c’era un grande nervosismo ed erano tutti incazzati neri. Addirittura non hanno neanche pranzato. Sono stati dalle 11,00 di mattina fino alle ore 18,00 di sera. Ricordo di avere fatto una decina di volte il caffè (ero io che versavo a tutti caffè e bevande) e poi mi sono appartato nella stanza accanto dove non potevo fare a meno di sentire tante cose.
Ad esempio quando ho sentito dire al Cardinale queste parole: “Gli ho garantito la mia protezione facendo ricadere la colpa su MARCINKUS, ma questo indegno non mi credeva! Lui è molto furbo” (si riferiva a CALVI). Quel giorno si è decretata definitivamente la condanna a Morte di CALVI. Dopo l’uccisione del Dr. Falcone il Dr Borsellino mi viene a trovare spesso, tranquillizzandomi che da un momento all’altro andavo via da Palermo per mettermi al sicuro in una struttura protetta a ROMA (cosa che avvenne).

Mafia, Stato, Massoneria, Vaticano, Servizi deviati. L’agghiacciante memoriale di Vincenzo Calcara (I, II e III parte)

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Cominciamo oggi, dopo avere ricevuto indiretta ma ampia e palese autorizzazione a farlo da Salvatore Borsellino, a pubblicare il memoriale che Vincenzo Calcara ha deciso di consegnare pochi giorni fa al fratello del giudice Paolo, ucciso dalla mafia (e non solo?) il 19 luglio 1992. Salvatore Borsellino si batte ormai da 16 anni contro il muro di silenzio e omertà che i media hanno eretto sui tanti punti ancora oscuri di quegli anni. Troppo silenzio sulla vicenda personale e professionale degli uomini del pool antimafia di Palermo dell’epoca, ed in particolar modo dei 58 giorni “rimasti” a Paolo Borsellino, dopo la morte dell’amico Giovanni Falcone e le rivelazioni dei collaboratori di giustizia sul cosiddetto terzo livello della cupola mafiosa. Uno su tutti, Vincenzo Calcara.
Ovvero l’uomo incaricato dal boss Francesco Messina Denaro, padre di quel celebre Matteo oggi taggato sui muri di Palermo, di uccidere Paolo Borsellino. Racconta di lui il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore:

Ho conosciuto di persona Vincenzo durante la trasmissione Top Secret ma quasi mi sembrava di conoscerlo da tanto tempo. Me ne avevano parlato la moglie e i figli di Paolo che hanno continuato ad aiutarlo e stargli vicino da quando lo Stato, nella sua costante opera di scoraggiamento dei testimoni di Giustizia, dei collaboratori di Giustiza e dei (pochi) veri pentiti, lo ha abbandonato al suo destino. Me ne aveva parlato già lo stesso Paolo negli ultimi mesi della sua vita, quando stava raccogliendo le sue rivelazioni nello stesso periodo in cui ascoltava anche Gaspare Mutolo e Leonardo Messina, ma con Vincenzo Paolo aveva stabilito un rapporto particolare perchè era quello che gli aveva confessato di avere avuto, dalla famiglia di Francesco Messina Denaro, la famiglia che deteneva saldamente il controllo della zona di Castelvetrano, alla quale apparteneva come uomo d’onore “riservato”, l’incarico di ucciderlo con un fucile di precisione in un agguato sulla statale tra Palermo ed Agrigento

Le rivelazioni fatte dal pentito nelle pagine che oggi mettiamo a vostra disposizione sono di fatto sconvolgenti. Nel vero senso della parola. Mi spiego.

Il Capo dei Capi 2.0

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La risposta ai provocatori murales raffiguranti il boss Matteo Messina Denaro in stile Andy Warhol non dice tutto della situazione sociale del sud Italia, ma quasi. Pochi giorni dopo la diffusione della notizia – e delle immagini multicolori – dell'”apparizione” di disegni dell’erede di Bernardo Provenzano su alcuni muri della città di Palermo, quegli stessi muri, di quella stessa città, hanno cominciato ad ospitare alcuni poster con la celeberrima fotografia dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a colloquio durante una conferenza, accompagnata dalla scritta “Nel vostro ricordo per arrestare tutti i latitanti”.
La scelta dei due magistrati martiri, la cui storia è emblematica dell’impegno che gli uomini possono portare avanti nella lotta alla criminalità organizzata, è obbligata. A tutt’oggi, sono loro – unitamente agli uomini che con loro hanno perso la vita per la stessa causa – i simboli dell’antimafia in Italia. Giusto. L’iniziativa altamente simbolica portata avanti dall’associazione Contromafia, promotrice dei “contromurales”, è lodevole, però…
Però, riuscite ad immaginare se al brand del boss fosse stato accostato il nome, la faccia, una foto di un giudice impegnato nella lotta alla mafia oggi?