la vittoria più bella
E lo si crede bene. E per Veltroni?
la vittoria più bella
E lo si crede bene. E per Veltroni?
cedimento strutturale della sinistra italiana
Dando poi la colpa dei risultato socialista a Veltroni.
Segretario, in questo amaro day-after elettorale c´è una parola chiave che lei non ha ancora pronunciato
Hanno il Quirinale, hanno il Csm, hanno la Corte costituzionale. Perché dovremmo concedere pure la presidenza di una Camera?
Hanno. Loro, i comunisti. Pensare che Silvio Berlusconi aveva passato mesi a parlare e straparlare di una linea bipartisan per la prossima legislatura. Addirittura, gli era scappato di suggerire di assegnare un ramo del Parlamento all’opposizione. Nel mentre parlava di dialogo costante, di riforme. Aveva invitato ad una campagna elettorale dai toni soft, comprensivi.
Il messaggio iniziale era stato chiaro, specie dopo l’attentato terroristico che ha sporcato di sangue la campagna elettorale spagnola. Per tutti i candidati premier non era possibile, in alcun modo sostenere l’idea di dover permettere ai paesi baschi l’indipendenza. All’interno del governo spagnolo, esiste un partito che sostiene fortemente le ideologie di indipendenza basca, il partito nazionalista basco appunto.
Il partito nazionalista basco, a distanza di 15 giorni dalle elezioni che hanno visto vittorioso il premier uscente Zapatero, vede improvvisamente la sua importanza cambiare, fino a divenire quasi indispensabile al premier vincente.
I risultati parlano chiaro. Zapatero ha vinto le elezioni ma non riesce a raggiungere la maggioranza assoluta al governo e ha quindi bisogno il sostegno dei piccoli partiti regionali e soprattutto della Izquierda Unita.
Cose serie, per favore
Queste le parole del dimissionario Premier Romano Prodi. Qualcosa di reale e di concreto. La polemica non si placa. Il ministro Bonino e il ministro Bianchi che litigano, e ultimatum che volano, tra sindacati sul piede di guerra e Air France.
L’alleanza tra Berlusconi e Casini sembra definitivamente terminata, anche se per l’ufficialità bisognerebbe attendere ancora le prossime 24 ore. In compenso quello che ai miei occhi è sempre sembrato un amore impossibile, dovrebbe finalmente finire. Un amore quello tra i leader di UDC e PDL che alla fine ha avuto i suoi alti e i suoi bassi. Ma mai così in basso come l’ultimo periodo.
Casini è sempre stato la pecora nera dell’alleanza di Berlusconi. A mio parere l’idea di Casini è, e sempre rimarrà, quella di ricostruire il grande centro, riportare in auge quell’idea di Democrazia Cristiana, che tanti or sono si divise in mille piccoli partitelli a causa delle divisioni interne.
Voglia di indipendenza e di prendersi la possibilità di governare. Queste sono le esigenze che hanno spinto l’UDC a rifiutare l’invito di Berlusconi ad unirsi nell’alleanza di centro destra. La necessità per Casini e per i suoi elettori, di non volere essere un comprimario nella prossima legislatura ma essere un protagonista, come si evince anche dalle sue parole:
Il clima da primarie USA ha ormai portato l’Italia a usare termini anglosassoni per qualsiasi attività o avvenimento accada. Così dopo l’election day mi sono sentito in dovere di affermare che la giornata di ieri, per la cronaca 13 febbraio 2008, dovrà venire ricordata come il Veltroni day. Motivazione a supporto della mia proposta il fatto che da ieri Walter Veltroni ha firmato le proprie dimissioni da sindaco di Roma e ha iniziato ufficilmente la sua campagna elettorale, anche presentandosi a parlare in tv, su Porta a Porta, contenitore di approfondimento della prima rete nazionale.
Walter è sicuramente il nostro candidato più “english”, se volessimo usare un paragone simpatico a livello calcistico, potremmo definirlo il Ranieri (l’attuale allenatore della Juventus) della politica. Perchè la sua mentalità molto anglosassone e quella sua spiccata abitudine di utilizzare spesso e volentieri termini in inglese, lo accomuna al mister bianconero reduce da diverse esperienze internazionali e grande conoscitore della lingua d’oltremanica.
Un’esortazione, un’ordine, un comando. Insomma lo si prenda come volete, ma in Ciad deve definitivamente arrivare il momento del “Liberi tutti!”. Siamo poco lontani da quel Kenya che ormai da 2 mesi sta vivendo giorni di angoscia, precedentemente sempre in primo piano e poi scomparsi, in silenzio e lentamente, nel dimenticatoio dei media. Una legge, quella mediatica, inesorabile che appena non servi più, ti fa scomparire dagli occhi di tutti.
Ieri era Kenya, oggi è Ciad. Sempre di Africa si tratta. Un paese troppo spesso dilaniato da lotte interne e da imposizioni di potere che dovrebbero invece lasciare spazio a un maggior dialogo come si confà ai paesi maggiormente democratici. Paesi dove l’opposizione di governo, seppur sconfitta alle elezioni, deve portare avanti le sue funzioni di oppositore, in rispetto ai voti conquistati, cercando di “migliorare” ciò che la maggioranza di governo cerca di produrre per il futuro dello stato.
Evidentemente queste semplici regole di vita democratica in Ciad mancano completamente. Da circa 15 giorni infatti, alcuni esponenti dell’opposizione di governo sono stati incarcerati dopo alcuni scontri tra esercito e ribelli. Una situazione questa che è stata garantita, poco più di 6 mesi fa, dall’accordo politico firmato con la supervisione della UE.
Sono quasi 3 mesi che il Libano sta dormendo, vivendo una situazione di stallo che sembra non volersi sbloccare dallo scorso 23 novembre quando è scaduto il mandato di Emile Lahoud. Da allora il paese si trova senza un presidente e quindi senza un governo stabile.
Uno scenario, questo in Libano, tipico dei paesi musulmani, dove al termine di un mandato molto spesso si sussegue un periodo di instabilità non dovuto ad eventuali cambi di governo o ad elezioni non gradite (come invece è capitato in Kenya ad esempio), ma a una situazione di disorganizzazione che permette poi al più forte in quel momento di prendere in mano il potere.
Così però non sembra in Libano, dove il candidato teorico alla presidenza il comandante dell’esercito Michel Suleiman non riesce a salire definitivamente al potere. A suo sostegno sta accorrerà mercoledì Amr Moussa, il segretario generale della Lega Araba.