Inciucio. Ovvero, la matematica non è un’opinione

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Il termine inciucio, applicato alla politica italiana, ha radici lontane. Fu l’ex Direttore de l’Unità Mino Fuccillo ad usarla la prima volta nel 1995 durante un’intervista a Massimo D’Alema per il quotidiano La Repubblica. In quell’occasione il giornalista romano coniò la parola per definire in maniera impietosa ciò che altri avevano definito più letterariamente “il patto della crostata”. La crostata era quella preparata dalla signora Letta, inappuntabile padrona di casa in una cena tra il Cavaliere e lo stesso D’Alema, su cui si ipotizzò una sorta di patto di non belligeranza tra i due partiti.
Secondo alcuni, fu l’inizio della fine della neonata Seconda Repubblica, scomparsa prematuramente dopo soli due anni di vita. Ma si sa, il tubo catodico appiattisce la realtà, ed oggi la parola non provoca più alcun sussulto, benchè, carte alla mano, sia più che prevedibile ipotizzarne un ritorno alla ribalta. La continua e naturale trasformazione del linguaggio ha poi portato alla definitiva mutazione dell’inciucio in “Governo delle larghe intese”.
Tratteniamoci e andiamo per gradi.

Prodi e le tasse. Ricetta difficile

Prodi Padoa Schioppa

Prodi al contrattacco. Insieme al Ministro Padoa Schioppa, il Premier ha parlato quest’oggi a 38 individui, tra segretari di partito, ministri e capigruppo della maggioranza. La ricetta del duo? Riduzione delle tasse grazie all’extragettito e attraverso l’armonizzazione a livello europeo, un proibitivo 20%, la tassazione delle rendite finanziarie. Così si dovrebbe finalmente avere una crescita più sostanziosa e duratura.

Tre condizioni di partenza e sei punti da seguire, per il successo della zuppa: e i convenuti al vertice dell’Unione su crescita e rilancio economico, terminato intorno alle 16 a Palazzo Chigi, hanno ascoltato pazientemente. Un vertice che è, prima di tutto, un banco di prova importante, vitale per il Governo: per dimostrare – o meno – se esiste ancora, un Governo.
Il primo feedback è stato più positivo delle aspettative. Dini, Rifondazione, tutti hanno posto le loro questioni, e a tutti il Professore ha cercato di dare una risposta. Non sono scoppiate grosse polemiche, nè sono esplosi decisi no. Alla base della ricetta del Presidente del Consiglio c’è quel concetto di ottimismo che ormai da un po’ Prodi sta tentando, a volte contro i fatti e ogni apparente realtà, di sponsorizzare e divulgare nel mondo. Oggi, il Verbo sembra aver avuto un’accoglienza della quale, quantomeno, non lamentarsi. Un po’ freddina, ma certo non negativa.

Al massimo, c’è chi ha messo le mani avanti. E tutti, nessuno escluso, hanno sottolineato il carattere interlocutorio della fase in questione.Una sfida che lascia ora lo spazio a numeri reali e a problematiche concrete. I primi riscontri quantitativi, come anche sottolineato dal Ministro dell’Economia, si avrannno tra qualche mese: con la trimestrale di marzo. Il che significa che l’azione reale è posticipata a giugno.

Dolce vita che te ne vai. Quando il Times confuta Fellini

Dolce vita

Italia strapazzata. Di tutti i colori, autorevolissimi colori come quelli del New York Times e del molto british Times, sul Bel Paese e dintorni.

Sbatti l’Italia in prima pagina. Lo ha fatto lo storico giornale della Grande Mela il 13 dicembre scorso, in un editoriale che tanto dibattito ha alimentato da queste parti. Ora è il britannico Times che completa l’opera. “La dolce vita turns sour as Italy faces up to being old and poor”. Il simpatico Richard Owen, autore del pezzo, inviato per il Times a gironzolare per queste strade d’Italia, ha detto la sua. Senza sconti. Ora. L’italiano – medio, alto, basso, non importa. L’italiano, insomma – è particolarmente sensibile alla voce della stampa straniera. Sarà perchè normalmente di noi non si parla mai. O quasi mai. Non siamo esattamente la voce di un paese autorevole e seguito. Insomma, in genere Le Monde, il Times, il New York Times, l’Herald Tribune, la BBC e compagnia bella hanno, di base, di meglio da fare.