E Fini parlò

E va bene. Gianfranco Fini ha parlato. E si sono verificate scene inedite, nel panorama dell’opinione pubblica italiana. Sono stati organizzati incontri per assistere all’evento. In molti hanno guardato a quel palco di Mirabello accompagnati da patatine e vino bianco in quantità. Non per festeggiare, o almeno non necessariamente: ma per ascoltare. In perfetto stile finale di calcio.

E ora, che faremo? Nell’attesa di nuove emozioni – condivisibili o meno che siano, emozioni (che mancano, in questo scenario italicissimo. Ma che forse non sono più così lontane) – ci consoliamo analizzando la tag cloud del discorso del leader di Futuro e Libertà a Mirabello. Quella delle parole chiave è un’analidi che è stato portata avanti da più parti. E con una battuta di Spinoza.it tratta dall’ultimo, ottimo post.

“Fini ha tradito i suoi elettori”, ha dichiarato l’ex segretario del Partito Radicale, ora portavoce del Pdl.

Ex An del PdL: da La Russa ad Alemanno, tutti contro Fini

Lo strappo di Mirabello, la vendetta del generale, il primo passo verso un nuovo partito, l’ufficializzazione della diaspora dei finiani, l’addio di Gianfranco Fini: comunque la si metta, ciascuna delle definizioni arriva a tradursi in una evidente crisi di Governo che rischia di non essere accantonata neppure dalla volontà di sostenere l’Esecutivo attraverso un accordo elettorale strutturato su cinque punti programmatici.

Le parole del Presidente della Camera sono di lettura lineare: nella personalissima sfida con Silvio Berlusconi (a chi riesce ad addossare all’altro l’esaurimento dell’esperienza governativa), Fini ha optato per la rottura definitiva con il Premier (il cui colpo da maestro era stato quello – il giorno pecedente a Mirabello – di rinunciare al processo breve per scaricare ogni responsabilità del divorzio sul cofondatore del PdL) rendendo conto non più al Presidente del Consiglio ma ai soli elettori del Popolo delle Libertà, verso i quali ha cercato di manifestare le proprie ragioni e il dissenso rispetto all’esperienza politica recente.

Senza trascurare – anzi, intenzionato a togliersi qualche sassolino dalla scarpa – la plemica nei confronti degli ex alleati di Alleanza Nazionale. In quel “I colonnelli hanno cambiato generale, il PdL non c’è più ma si è trasformato in una estensione di Forza Italia” il rimando più significativo è nell’allusione a chi – figure di spicco dell’allora An – ha scelto di restare fedele a Berlusconi.

E, per un Mirko Tremaglia che alla veneranda età di 84 anni decide di stare di fianco a Fini in uno dei passaggi politici più significativi per la storia della terza carica istituzionale, c’è un Ignazio La Russa con il dito puntato verso l’ex segretario che rigetta ogni accusa e la rispedisce al mittente. I passaggi più significativi dell’intervista concessa dal Ministro della Difesa a Il Giornale di Vittorio Feltri meritano di essre riproposti. Il coordinatore del PdL non si rispramia nell’invettiva: “Fini non ha avuto il coraggio di usare il termine traditore, ma ha detto di peggio, una bugia: che abbiamo cambiato generale e siamo pronti a cambiarlo ancora. Il generale ce l’ha indicato lui, la scelta di fare il Pdl noi l’abbiamo condivisa ma l’ha decisa lui. Vedere il proprio generale cambiare bandiera è una tristezza: noi siamo andati avanti sul progetto che ci era comune su immigrazione, sicurezza, identità nazionale. Sulla legge elettorale e sulle riforme è Fini che ha cambiato bandiera: non ho ascoltato l’intervento perchè ero sicuro di cosa avrebbe detto. Il discorso? Solo un tentativo di tenere insieme i vagoni a velocità variabile di chi in questo momento è vicino a lui con ragioni spesso contrastanti. Il Pdl non è morto, è vivo così come non è morta An quando è uscito Storace o quando al primo congresso uscì Rauti. I progetti sopravvivono alle scelte degli uomini. Ai finiani direi di uscire dalla strategia dell’ambiguità: se il Pdl è morto, dimettetevi dal Pdl. Di Mirabello 2010 mi resta la sensazione di sapere che Tatarella e Almirante si rivoltano nella tomba“.

Discorso Fini [VIDEO]: le reazioni della politica

Gianfranco Fini ha raggiunto l’obiettivo: Mirabello è stato teatro in cui il Presidente della Camera, attraverso un discorso determinato e trasversale, ha posto la propria candidatura (e quella di Futuro e Libertà) quale alternativa concreta nei confronti di Silvio Berlusconi (“metodi tipici del peggiore stalinismo”) e del PdL (“Non c’è più: imposssibile tornare in qualcosa che ha smesso di esistere”). Stoccate importanti agli ex alleati e all’informazione che fa capo al Premier (“aAttacchi personali infami ma lo stile Boffo non fa paura”, “I telegiornali sembrano fotocopie dei fogli d’ordine del Pdl”), frecciate ai compagni di una vita dentro Alleanza Nazionale (“I colonnelli hanno cambiato generale”), ridimensionamento politico della lega Nord (“Appiattirsi sulle posizioni di partito regionale non ha motivo di essere”), apertura alle opposizioni (“Cerchiamo di fare le riforme coinvolgendo tutti”) ed ennesima conferma del fatto che Fli non volterà le spalle alle indicazioni elettorali e sosterrà l’Esecutivo rispetto ai cinque punti programmatici (“Ma nel merito ci deve essere un confronto”).

Non solo: Fini si issa a paladino di etica e morale riaffermando la priorità di alcuni punti (onestà, pluralismo, difesa dell’operato dei giudici e della magistratura) dai quali occorre ripartire. Non sono mancate le indicazioni più squisitamente politiche (“Giusta protesta di precari della scuola e forze di polizia rispetto alle decisioni del Governo, inammissibile un Paese dove un giovane su quattro è disoccupato, impensabile una Nazione che possa fare a meno del Ministro dello Sviluppo economico, codice etico per gli amministratori, Federalismo che tenga conto delle esigenze del Paese”) e non potevano venire meno neppure le reazioni partitiche rispetto alle frasi del Presidente della Camera.

L’attacco degli esponenti del PdL è scontato: la sensazione è che Fini punti al voto senza addossarsi le colpe della rottura, la strategia è di bocciare in toto le parole della terza carica istituzionale e rimarcare l’astio nei confronti della figura del Premier.

Mirabello, Fini: “Il PdL non c’è più. Berlusconi come il peggior stalinista: fedeli a elettori, ripartire da etica e onestà”

LE DICHIARAZIONI
Roberto Maroni, Ministro dell’Interno: “Governo, oggi si decide”
Angelino Alfano, Ministro della Giustizia: “Processo breve sottratto dai punti programmatici”
Italo Bocchino, portavoce Futuro e Libertà: “Qui invocano un nuovo partito”. “Fini inaggirabile”. “E’ il popolo di un leader, Fini”
Gianfranco Fini (a pranzo con i deputati Fli): “Siate granitici e utilizzate una lingua sola”. “Rispetteremo il patto con gli elettori”
Carmelo Briguglio (Fli): “Nuovo partito quando lo dirà Fini”
Francesco Storace, La Destra: “Montecarlo, Fini chiarisca”

LE PREMESSE
Alle 18 di domenica 5 settembre Gianfranco Fini prende la parola da Mirabello (Fe) nel corso della Festa del Tricolore. L’attesa per le parole del leader di Futuro e Libertà (gruppo parlamentare creato dai dissidenti del PdL) cresce con il passare dei minuti anche perchè – da ciò che dirà il Presidente della Camera – sarà poi possibile ricomporre i tasselli e capire. In primo luogo, se l’Esecutivo attuale ha margini per proseguire il lavoro iniziato lo scorso aprile 2008.

Delle divergenze tra Fini e Silvio Berlusconi (ma anche tra i finiani e i berlusconiani) si è detto abbondantemente: un rapporto che si è incrinato con il passare dei mesi e che ha avuto l’apice negativo nella decisione assunta dall’Ufficio di presidenza del Popolo delle Libertà lo scorso 29 luglio, quando Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio vennero deferiti al collegio dei probiviri e le posizioni di Gianfranco Fini dichiarate di fatto incompatibili con i principi ispiratori del Pdl.

Nella conferenza stampa del giorno dopo, Fini sfidò a muso duro gli artefici di quella decisione sostenendo: “In 2 ore sono stato espulso dal partito che ho contribuito a fondare…Nessuno mi ha permesso di difendermi“. Sono succeduti giorni di scontri e polemiche vissute in primo luogo sulle pagine dei giornali, dove non è mancato il tentativo di screditare la terza carica istituzionale attraverso una campagna mediatica volta a colpirne l’inataccabilità morale ed etica (vedi caso Tulliani-Montecarlo) e nei quali le parti hanno delineato in maniera sempre più evidente le proprie differenze.

Però: nè il PdL nè Fli hanno intenzione di rompere l’allenaza sottoscritta in sede elettorale senza motivo concreto, comprensibile e spendibile (tradotto: senza che sia l’altra delle due parti a causarne oggettivamente la rottura). Si sta discutendo da tempo sulla opportunità di consentire al Governo di completare il mandato attraverso la sottoscrizione di punti programmatici (cinque) da condividere: riforma tributaria e federalismo fiscale, sicurezza, immigrazione, rilancio del Sud e giustizia.

A tenere distanti le parti, il tentativo del PdL di inserire nel novero delle cose da fare anche la cosiddetta legge sul “processo breve”: i finiani non l’avrebbero avvallata, pareva motivo di rottura annunciata e invece. Solito colpo a effetto di Berlusconi a scombussolare i piani: a poco più di 24 ore dall’intervento di Fini, il Premier cancella dall’elenco proprio il processo breve. Non rientrerà nei punti di programma: “Adesso la rottura sarà solo colpa sua: questa Fini non se l’aspettava proprio eh?“, avrebbe confidato Berlusconi ai più fidati. Non c’è che attendere, a questo punto, la replica di Fini.

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