Palermo ricorda la strage di Capaci. Polemica fra il procuratore Grasso e il guardasigilli Alfano

Foto: AP/LaPresse

 

Si è svolta oggi, nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, la commemorazione per il diciannovesimo anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta. Nel capoluogo siciliano erano giunti oltre duemila ragazzi, per partecipare ad una settimana di incontri con vari rappresentanti della magistratura e della società civile.
Al convegno organizzato nell’aula del carcere di Palermo, hanno partecipato invece i ministri Prestigiacomo, Gelmini, Maroni e Alfano, e il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, che, intervendo sul tema della riforma della giustizia, ha fatto presente al Guardasigilli Alfano il malcomento della magistratura per i toni accesi usati dal governo contro i giudici.
Ha dichiarato infatti Grasso:

 
Smorzare la tensione? E’ come cercare di dialogare con chi ti prende a schiaffi. Dobbiamo usare il Vangelo e porgere l’altra guancia. La delegittimazione rende infatti tutto più difficile: ci danno del matto, maxiutopisti, cancro da estirpare.

 

E ha aggiunto: “Questa non è una riforma della giustizia“, ma semmai “una riforma del rapporto tra magistratura e politica”.
Il ministro Alfano, a questo punto, per difendere la sua riforma, arriva persino a citare lo stesso Falcone, affermando : “Come voleva proprio Falcone stiamo cercando di conseguire la tanto attesa separazione delle carriere”. Puntuale la replica di Grasso: “Falcone voleva l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, però non si può pensare di dichiarare nella Costituzione il pm autonomo e indipendente, e poi togliergli la direzione delle indagini”. 

  

Palermo ricorda Paolo Borsellino a 18 anni dall’attentato di via D’Amelio

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Una tre giorni di commemorazioni, a Palermo, per conservare eterno il ricordo di Paolo Borsellino. Più di un evento per custodire gli ideali propri del magistrato. E’ da un po’ che Palermo – una bella fetta di palermitani – ha deciso di non voltare la testa, non affossarla sotto la sabbia, non avere paura. L’ennesimo passaggio della voglia di non piegarsi alla malavita lo mettono a compimento le Istituzioni, i privati cittadini. Sabato 18 luglio, domenica 19 luglio, lunedì 20 luglio. Nel 1992, sarebbero stati “vigilia di morte”, poi “morte”, poi ancora “dolore”. Nel 2010 si possono indicare come giorni da bollino rosso (per il caldo record) e quali finestre attraverso le quali custodire indelebile l’esempio di Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940; Palermo, 19 luglio 1992). Evento inaugurale del “week end lungo” commemorativo rappresentato dal momento in cui, nell’Aula Magna del palazzo di giustizia di Palermo, ci si è alzati in piedi. Tutti. Con in mano l’agenda rossa. E’ stato il modo in cui la sezione distrettuale dell’Associazione nazionale magistrati ha dato il là alle cerimonie dopo che nella mattina esponenti e simpatizzanti del comitato “Scorta civica” aveva organizzato un presidio in piazza Vittorio Emanuele Orlando, davanti al palazzo di giustizia, esponendo come simbolo proprio l’agenda rossa.

Stato-Mafia, Grasso intervistato dal Tg3

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La parole della settimana è papello. Peccato che non se ne stia praticamente già più parlando. I contenuti sono noti. Analizzarli e farne contenuto dell’agenda politica? Perplime l’ipotesi. Eppure chi si è veramente stupito del papello? Del sentirsi dire: la trattativa Stato-Mafia…

Eppure il procuratore nazionale antimafia, intervistato dal Tg3, parla.

Il momento era terribile, e bisognava cercare di bloccare questa deriva stragista che era cominciata con la strage di Falcone

La trattativa con la mafia nei primi anni 90 c’è stata. Cosa nostra aveva capito di poter ricattare lo Stato. Alla Procura di Palermo, il figlio di Vito Ciancimino ha consegnato, nei giorni scorsi, quello che assicura essere il “papello” elaborato da Riina per avviare la trattativa tra Stato e mafia. Aizzando – assolutamente non abbastanza – la polemica, e lasciando molti dubbi e interrogativi aperti con l’indagine della Procura di Palermo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia e i riscontri sull’attendibilità del celebre pezzo di carta in oggetto (per l’ex presidente della Camera, Luciano Violante, quello pubblicato da l’Espresso è una “bufala”).

Se Saviano va via

Se Saviano va via. La mafia non sarà più la grande assente delle campagne elettorali in Italia.

Andrò via dall’Italia, almeno per un periodo e poi si vedrà…

E l’opinione pubblica si mobilita. Gli scrittori italiani manifestano solidarietà. E consigliano: lasciare l’Italia in questo momento è la cosa più giusta.
Se Saviano va via. Andare via dall’Italia sarà sempre la cosa più giusta. Se Saviano va via. L’Italia non potrà più cambiare.

Le accuse di oggi, per non dimenticare le stragi di ieri

Beppe Grillo comincia così il post di ieri:

Gli italiani non si meritavano Giovanni Falcone

Un post dal titolo:

Uomini e mezz’uomini, ominicchi, piglianculo e quaquaraquà

E riecheggiano le parole.

Gli italiani non si meritavano Giovanni Falcone

Non c’è un solo modo al mondo per confutarle. Per tutti quagli italiani che, forse, Falcone lo hanno anche meritato, o continuano a meritarlo, in proporzione ce ne sono almeno altri dieci che cancellano e disintegrano quei meriti.

In memoria di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone


“La nascita della seconda Repubblica sul sangue di Falcone e Borsellino”


Palermo – Palazzo Steri – Piazza Marina
Venerdì 18 luglio 2008 ore 20,30


Interverranno:


Salvatore Borsellino


Luigi De Magistris


Roberto Scarpinato


Antonio Ingroia


Giuseppe Lumia


Giorgio Bongiovanni


Radio Radicale ha deciso di registrare integralmente l’audio e il video del nostro convegno del 18 luglio a Palazzo Steri, orientativamente un paio di giorni dopo sia l’audio che il video saranno scaricabili sul sito di Radio Radicale www.radioradicale.it cliccando la sezione “audio-video”. Anche l’emittente televisiva Telejato registrerà il tutto mandandolo poi in onda sulla propria tv e sul sito www.telejato.it.


Il memoriale di Vincenzo Calcara (parte V)

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Ricordo quando mi trovai nella cella di isolamento al carcere di Favignana, quando dopo una lunga introspezione ed una analisi di tutto ciò che era stata la mia vita ho capito che la mafia mi aveva usato, educandomi a valori sbagliati, ipocriti e violenti che avevano messo in pericolo la mia vita. In quei momenti mi veniva in mente il Dr. Borsellino, il Giudice che avrei dovuto uccidere per eliminare uno dei maggiori ostacoli al domino mafioso.
Il mio non è stato solo un pentimento giudiziario ma anche un pentimento interiore, morale, che metteva in ballo tutti quei valori e insegnamenti mafiosi che avevano mostrato tutta la loro debolezza davanti al nobile coraggio del Dr. Borsellino di cui condividevo lo stesso destino di morte deciso dai capi mafiosi e da quelle entità racchiuse in una grande e potente forza del male.
Quando ho incontrato il Dr. Borsellino ho capito che c’era qualcosa che ci univa e che questa cosa non era solo il nostro legame tanto diverso con quella forza del male di cui io facevo parte ma qualcosa di ancora più oscuro e ineluttabile e cioè l’oscura immensità della morte! Sapevamo entrambi che saremmo morti e questo ci ha reso ancora più vicini. Tutte le volte che lo incontravo rimanevo veramente colpito dal suo sorriso disarmante, da quella luce nello sguardo di chi è fedele a se stesso ed alle regole fino in fondo, ma anche dalla sua bontà, degna solo dei più devoti cristiani.

Mafia, Stato, Massoneria, Vaticano, Servizi deviati. L’agghiacciante memoriale di Vincenzo Calcara (I, II e III parte)

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Cominciamo oggi, dopo avere ricevuto indiretta ma ampia e palese autorizzazione a farlo da Salvatore Borsellino, a pubblicare il memoriale che Vincenzo Calcara ha deciso di consegnare pochi giorni fa al fratello del giudice Paolo, ucciso dalla mafia (e non solo?) il 19 luglio 1992. Salvatore Borsellino si batte ormai da 16 anni contro il muro di silenzio e omertà che i media hanno eretto sui tanti punti ancora oscuri di quegli anni. Troppo silenzio sulla vicenda personale e professionale degli uomini del pool antimafia di Palermo dell’epoca, ed in particolar modo dei 58 giorni “rimasti” a Paolo Borsellino, dopo la morte dell’amico Giovanni Falcone e le rivelazioni dei collaboratori di giustizia sul cosiddetto terzo livello della cupola mafiosa. Uno su tutti, Vincenzo Calcara.
Ovvero l’uomo incaricato dal boss Francesco Messina Denaro, padre di quel celebre Matteo oggi taggato sui muri di Palermo, di uccidere Paolo Borsellino. Racconta di lui il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore:

Ho conosciuto di persona Vincenzo durante la trasmissione Top Secret ma quasi mi sembrava di conoscerlo da tanto tempo. Me ne avevano parlato la moglie e i figli di Paolo che hanno continuato ad aiutarlo e stargli vicino da quando lo Stato, nella sua costante opera di scoraggiamento dei testimoni di Giustizia, dei collaboratori di Giustiza e dei (pochi) veri pentiti, lo ha abbandonato al suo destino. Me ne aveva parlato già lo stesso Paolo negli ultimi mesi della sua vita, quando stava raccogliendo le sue rivelazioni nello stesso periodo in cui ascoltava anche Gaspare Mutolo e Leonardo Messina, ma con Vincenzo Paolo aveva stabilito un rapporto particolare perchè era quello che gli aveva confessato di avere avuto, dalla famiglia di Francesco Messina Denaro, la famiglia che deteneva saldamente il controllo della zona di Castelvetrano, alla quale apparteneva come uomo d’onore “riservato”, l’incarico di ucciderlo con un fucile di precisione in un agguato sulla statale tra Palermo ed Agrigento

Le rivelazioni fatte dal pentito nelle pagine che oggi mettiamo a vostra disposizione sono di fatto sconvolgenti. Nel vero senso della parola. Mi spiego.

Il divo Giulio. Un film per una sera

Si ripropone il video. Un po’ di commenti, fa sempre bene:

“eh allora? l’avrai commesso!” Vergogna!!

Un altro commento?

Ma sai, Ricca è riuscito a farla ammettere la verità: il tirapiedi del mafioso ha detto: “non è colpevole ma prescritto, cioè il reato l’ha commesso prima”. Capito? Non è colpevole…ahahahahah…

Il Capo dei Capi 2.0

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La risposta ai provocatori murales raffiguranti il boss Matteo Messina Denaro in stile Andy Warhol non dice tutto della situazione sociale del sud Italia, ma quasi. Pochi giorni dopo la diffusione della notizia – e delle immagini multicolori – dell'”apparizione” di disegni dell’erede di Bernardo Provenzano su alcuni muri della città di Palermo, quegli stessi muri, di quella stessa città, hanno cominciato ad ospitare alcuni poster con la celeberrima fotografia dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a colloquio durante una conferenza, accompagnata dalla scritta “Nel vostro ricordo per arrestare tutti i latitanti”.
La scelta dei due magistrati martiri, la cui storia è emblematica dell’impegno che gli uomini possono portare avanti nella lotta alla criminalità organizzata, è obbligata. A tutt’oggi, sono loro – unitamente agli uomini che con loro hanno perso la vita per la stessa causa – i simboli dell’antimafia in Italia. Giusto. L’iniziativa altamente simbolica portata avanti dall’associazione Contromafia, promotrice dei “contromurales”, è lodevole, però…
Però, riuscite ad immaginare se al brand del boss fosse stato accostato il nome, la faccia, una foto di un giudice impegnato nella lotta alla mafia oggi?

Berlusconi, Dell’Utri e gli eroi. Quando il silenzio è d’oro

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Balzata agli onori delle cronache ormai molti anni fa come lo stalliere di Arcore – per via del gergo usato nel mondo del narcotraffico secondo cui le partite di droga venivano chiamate “cavalli” – la figura di Vittorio Mangano rappresenta, tutt’oggi, un’imbarazzante presenza nel passato del cinque volte candidato premier Silvio Berlusconi.
Celebre una telefonata del Cavaliere con Marcello Dell’Utri – la cui condanna in primo grado a nove anni di reclusione con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa rappresenta solo il diadema di una collezione vastissima fatta di condanne, rinvii a giudizio e frequentazioni oltre il limite del decoro – in cui il Cavaliere scherza su un attentato dinamitardo subito nella villa di Arcore, presumibilmente per opera dello stesso Mangano.
Tra amici si sa, tutto è concesso. Ma nei giorni scorsi i fondatori di Forza Italia si sono lasciati andare ad alcune dichiarazioni francamente discutibili.