Vaticano e Omosessualità. Il problema è altrove

Altro capitolo della questione Vaticano e omosessualità. Il motivo è sempre la mozione che la Francia ha presentato alle Nazioni Unite contro il perseguimento penale dell’omosessualità in vigore in diversi Paesi del mondo. Riguardo a questo caldo tema abbiamo già detto la nostra; il “problema”, però, è da ricercare altrove. Facciamo un esempio: qualche Lunedì fa su RaiDue, Vladimir Luxuria ha vinto l’Isola dei Famosi, sdoganando l’omosessualità anche a chi non si era mai accorto di avere un parlamentare omosessuale nella legislatura precedente. Il Lunedì successivo alla fine definitiva dell’Isola dei Famosi, RaiDue ha proposto il film “Brokeback Mountain” che, nonostante sia stato mandato in onda in seconda serata, era in versione censurata (privo cioè della scena di sesso tra i due protagonisti uomini). Nel frattempo Vladimir Luxuria, dopo la vittoria allo show televisivo, proclama il suo orgoglio di essere omosessuale mentre la Ventura ringrazia per “la bella lezione“. È proprio questo il nocciolo della vicenda: sarà tutto finito il giorno in nessuno dovrà sentirsi diverso e orgoglioso di esserlo. Che Francia e Vaticano facciano quel che vogliono, siamo noi a dover cambiare atteggiamento.

Il Vaticano, l’omosessualità e il problema dell’informazione

Il diverso modo in cui viene data una notizia è fonte di diverse interpretazioni. “Si chiede agli Stati e ai meccanismi internazionali di attuazione e controllo dei diritti umani di aggiungere nuove categorie protette dalla discriminazione, senza tener conto che, se adottate, esse creeranno nuove e implacabili discriminazioni. Per esempio, gli Stati che non riconoscono l’unione tra persone dello stesso sesso come “matrimonio” verranno messi alla gogna e fatti oggetto di pressioni“. Se, ad esempio, si omettono queste parole nel riportare l’intervista a monsignor Celestino Migliore non si capisce perché lo stesso ha anche dichiarato nella medesima occasione che “il catechismo della chiesa cattolica dice, e non da oggi, che nei confronti delle persone omosessuali si deve evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione”. In sostanza, monsignor Celestino Migliore dice che se la dichiarazione per la “depenalizzazione universale dell’omosessualità”, che la Francia presenterà all’ONU il 10 Dicembre, sarà approvata, in Iran gli omosessuali verranno impiccati lo stesso mentre gli stati che non accettano i matrimoni tra gay (in cui gli omosessuali non sono discriminati e vincono pure l’Isola dei Famosi) potranno essere accusati di “violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali“. Ora che il puzzle è stato ricomposto, che ognuno tragga le sue conclusioni.

Il silenzio a Piazza Tiananmen, 19 anni dopo

Il NYT dice. It’s over. Now, it begins. Questo è il sunto di quanto accade negli USA in queste ore. E’ la svolta? Ci sono molte cose che non vengono dette, plausibilmente. Se ci arriva, a novembre… Ci dicevamo ieri a cena. E tutto si vuole tranne che portargli sfiga. La vittoria, la fine e l’inizio di Barack Obama si collega – e il volo non è pindarico – all’altra faccia del mondo.
Penso a piazza Tian’anmen. Dimostrazioni guidate da studenti, intellettuali, operai nella Repubblica Popolare Cinese tra il 15 aprile ed il 4 giugno 1989. Diciannove anni fa si chiudeva una storia che ha riaperto la storia. Quel simbolo. Qui una cronaca di 19 anni dopo.

“Le giornate dell’Attivismo” di Amnesty International

Il prossimo fine settimana, il 24-25 maggio, in tutt’Italia i soci e i simpatizzanti di Amnesty International prenderanno parte alla terza edizione delle “Giornate dell’Attivismo”.

Quest’anno le giornate vedranno un argomento vicino alle Olimpiadi, più che alla manifestazione al paese organizzatore, ovvero la Cina.

La due giorni sarà infatti dedicata ai difensori dei diritti umani in Cina.

Pechino val bene una messa

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Mai come nel caso delle Olimpiadi di Pechino della prossima estate, possiamo scorgere con chiarezza la sconfitta della politica e del dialogo.E la vittoria del mercato. E’ di questi giorni la diffusione, ormai annuale, del documento del Dipartimento di Stato americano in cui sono elencati i cosiddetti Paesi canaglia.
E a sorpresa, si direbbe in questi casi, non troviamo il nome della Repubblica Popolare Cinese. Corea del Nord, Birmania, Iran, Siria, Zimbabwe, Cuba, Bielorussia, Uzbekistan, Eritrea e Sudan. Stop. Cina non pervenuta. E tutto questo nonostante nel documento sia ribadito il concetto che

la Cina continua a negare alla sua popolazione diritti umani e libertà di base e continua a interferire nella attività dei media e a torturare i prigionieri. Malgrado la rapida crescita economica che ha trasformato gran parte della società cinese il governo di Pechino continua a negare ai suoi cittadini riforme politiche e il rispetto dei diritti umani di base

Decisione apparentemente inspiegabile. Risulta difficile immaginare motivi non economici per arrivare a questo silenzio sulla violazione dei diritti umani del governo comunista cinese da parte di chi, ancora oggi, lo considera una minaccia a tutti i livelli.
Meno uno, evidentemente.