Appalti del G8, la Camera salva Verdini. Inchiesta P4, si alle intercettazioni per Milanese

 
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Oggi si è votato alla Camera sull’uso delle intercettazioni in due diverse inchieste che coinvolgono, però, in entrambi i casi esponenti del Pdl, ma il voto ha avuto due esiti differenti.
Infatti, per Denis Verdini, coordinatore Pdl coinvolto nell‘inchiesta sugli appalti per il G8 dell’Aquila e per la ricostruzione dopo il terremoto in Abruzzo, l’Aula di Montecitorio ha respinto l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni, mentre ha autorizzato l’uso delle intercettazioni e l’apertura delle cassette di sicurezza di Marco Milanese, ex consigliere politico del ministro Tremonti, indagato nell’ambito dell’inchiesta sulla P4. Su Milanese pende anche una richiesta d’arresto che i deputati esamineranno il 19 settembre.
A favore di Verdini, e contro l’uso delle intercettazioni che lo riguarderebbero, ha votato l’intero Pdl, i responsabili ed anche la Lega, che si è quindi espressa diversamente rispetto al voto su Papa (per il quale aveva votato a favore dell’arresto). Anche sei deputati radicali eletti nel Pd si sono schierato con la maggioranza nel voto sul coordinatore Pdl.
Diversamente, a difesa di Milanese si sono espressi soltanto una trentina di deputati del Pdl e dei Responsabili.
Poco prima del voto, entrambi i deputati si sono rivolti ai loro colleghi della Camera: “Sono due anni che sono massacrato, che vengo travolto da questo tritacarne mediatico e giudiziario da cui voglio uscire velocemente” ha affermato Denis Verdini, chiedendo inoltre che il Parlamento faccia una legge sulle intercettazioni.

Pdl, Alfano nominato segretario politico. Si dimetterà da ministro

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Si è riunito oggi l’ufficio di presidenza del Pdl, che ha deciso di nominare un segretario politico del partito, come aveva annunciato lo stesso premier Berlusconi, e di affidare tale incarico al ministro della Giustizia Angelino Alfano, che dovrebbe comunque dimettersi da Guardasigilli. Ad Alfano sarà quindi affidata la guida politica del partito, e sarà affiancato da tre coordinatori con competenze più specifiche: Ignazio La Russa si occuperà di propaganda, Denis Verdini di organizzazione e Sandro Bondi dei valori del partito.
Per Berlusconi, la nomina di Alfano “serve per ridare slancio al partito e al nostro elettorato”, visto che, ha aggiunto il premier, il Guardasigilli “è giovane, ha fatto bene come ministro ed è ben voluto da tutti”.
La nomina di Alfano a segretario politico del Pdl dovrebbe comunque essere formalizzata entro giugno da un Consiglio nazionale convocato proprio per modificare lo statuto del partito, che finora neppure prevedeva la carica di segretario.
Resta ancora aperta, invece, la partita su chi andrà a ricoprire la carica di ministro della Giustizia al posto di Alfano. Per adesso, sono circolati diversi nomi, in particolare quello del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e del capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, anche se quest’ultimo, già stamattina, aveva smentito, affermando: “Non ho nessuna intenzione di fare il ministro, preferisco il lavoro in Parlamento come sto facendo”. Lupi, invece, ha commentato: “Smettiamola con le ipotesi e il toto-nomine”.

Galan attacca Tremonti, Berlusconi lo difende

  

  

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Duro attacco del ministro dei Beni Culturali Giancarlo Galan al suo “collega” dell’Economia, Giulio Tremonti:Con Tremonti si perdono le elezioni. Per questo chiedo a Berlusconi una scossa”, ha affermato Galan in un’intervista al Giornale. E l’attacco a Tremonti è, in realtà, solo l’ultimo problema da affrontare per il premier in seno alla maggioranza, con le tensioni nel PDL fra ex di Forza Italia ed ex di An, le richieste dei Responsabili per posti nel governo, i malumori della Lega.
Per Galan, il ministro dell’Economia avrebbe abbandonato la via del liberismo, preferendo mantenere rigore nei conti, anche a costo di non riuscire a ridurre le tasse. In più, Galan lo accusa di essere “un socialista che ritocca i provvedimenti”, e chiede al premier una “scossa“, per “tornare allo spirito del ’94, rinnovare il partito e la sua classe dirigente” e “arginare lo spettro di Giulio Tremonti che aleggia su qualsiasi decisione del governo”. Inoltre, aggiunge Galan: ” Io mi rivolgo non al singolo Tremonti ma al governo nella sua collegialità”.
Tremonti non ha replicato direttamente a Galan, ma, in un’assemblea del Collegio dei Geometri, avrebbe riaffrontato il tema della crisi e dei conti pubblici.

La Procura apre un fascicolo sulla “compravendita” di parlamentari

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo “senza iscrizioni di indagati o ipotesi di reato” dopo la denuncia di ieri del deputato del PD Gino Bucchino, che aveva sostenuto di aver ricevuto un’ offerta di 150 mila euro e la promessa della rielezione se fosse passato al gruppo dei “Responsabili” che sostiene il governo. Per ora, il fascicolo è composto solo da ritagli di stampa, ma potrebbe “confluire” nel fascicolo aperto dopo la denuncia fatta del leader dell’ IDV Antonio Di Pietro quando i “suoi” deputati Razzi e Scilipoti sostennero il governo, nel voto di fiducia del 14 dicembre scorso. Di Pietro, dopo la denuncia di Bucchino, ha presentato un’ altra denuncia.
Bucchino, eletto nella cicrcoscrizione Estero dell’ America settentrionale e centrale, sarebbe prima stato contattato telefonicamente, e, quindi, si sarebbe recato ad un appuntamento in un bar di piazza San Silvestro, dove, racconta, “Un giovane spigliato che non avevo mai visto mi ha detto di essere del movimento Rifondazione socialista e di aver parlato con il coordinatore nazionale del PDL Denis Verdini. Mi spiega che se avessi accettato per il mio passaggio nelle file della maggioranza era tutto a posto. Mi hanno offerto di ricandidarmi per la prossima legislatura e mi hanno promesso 150 mila euro a titolo di rimborso delle spese elettorali che avrei dovuto sostenere”.
Bucchino, poi dice  di ritenere “Scandaloso questo mercato dei parlamentari”, e di essere “a disposizione” per eventuali indagini. Il nome del “mediatore” misterioso non è stato rivelato da Bucchino in conferenza  stampa, ma lui ne avrebbe comunque parlato ai suoi colleghi del gruppo: si tratterebbe di Giuseppe Graziani, avvocato quarantaduenne napoletano, ex segretario del nuovo Psi partenopeo, che avrebbe confermato di aver incontrato Bucchino, negando però di avergli mai offerto soldi.

Il leader dell’ UDC Casini ha commentato le rivelazioni di Bucchino dicendo di non esserne affatto stupito, e ha aggiunto: “Se volete vi porto altri 20 di questi esempi”. Seccato, invece, il coordinatore del PDL Verdini (tirato in ballo da Bucchino), che ha dichiarato: “Io non so neanche chi sia l’ on. Bucchino, non so quindi chi possa averlo contattato e avvicinato a mio nome. Di certo la notizia di denaro offerto in cambio di adesioni a gruppi che sostengono la maggioranza di governo è totalmente destituita di fondadimento”.
Il capogruppo di Iniziativa responsabile alla Camera, Luciano Sardelli, era intervenuto stamattina a Montecitorio per difendere il suo gruppo dalle accuse, dicendo, rivolto al presidente Fini: “A nome del gruppo dei responsabili le manifesto la situazione di difficoltà che stiamo attraversando: 9 persone del nostro gruppo vengono dall’ opposizione e sono oggetto di aggressione verbale senza precedenti, sono sotto scorta, e non c’ è tutela da parte del presidente della Camera.” Bucchino, invece, ha replicato con una battuta sarcastica: “Io non sono e non chiedo di essere escortato, pardon scortato…”

PdL, Futuro e Libertà, Pd: da Cicchitto a Bersani passando per Bocchino. Altre frecciate

Denis Verdini, Fabrizio Cicchitto, Ignazio La Russa, Italo Bocchino, Pier Luigi Bersani. Da cornice: pagine di giornali, località vacanziere (ultimi giorni di ferie prima della ripresa dei lavori parlamentari), meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione. Tema dibattuto da ciascuno, la tenuta del Governo con tesi che non si somigliano affatto. A scatenare per l’ennesima volta in pochi giorni il segretario del Pd, in visita a sorpresa presso il convegno Ciellino, è il solito botta e risposta tra quelli che da un po’ di tempo vengono appellati “berlusconiani” e “finiani”.

Esponenti del Popolo delle Libertà e del gruppo Futuro e Libertà: si è detto di una convergenza scontata sui cinque punti utili a tenere in piedi il Governo e rispettare il programma con gli elettori ma sono ancora di oggi polemiche e strascichi tra gli ex alleati. Parte Fabrizio Cicchitto che, dopo l’annunciata convocazione dei finiani a rapporto dai coordinatori PdL per valutare l’opportunità e la compatibilità con gli incarichi ricoperti nel partito, aveva ribadito: “Nella storia politica del Paese non è mai esistito un partito con due gruppi parlamentari. Se si vuole che, in attesa di un chiarimento globale, venga per tutta una fase in un certo senso sospeso lo statuto, la risposta non può non essere affidata alla politica. Di qui al mese di settembre i finiani ci devono dire se sui 5 punti proposti da Berlusconi, fra i quali c’è anche la riforma della giustizia, c’è il loro impegno positivo ai vari livelli politico-parlamentari su cui si svolgerà il confronto, oppure se essi si attesteranno su formule negative o ambigue volte rispettivamente alla caduta o al logoramento del governo Berlusconi“.

Elezioni: Berlusconi (PdL) e Fini (Fli), ultimo treno (il voto alletta ma fa paura a entrambi)

Silvio Berlusconi vuole andare al voto: senza indugi, nessun tentennamento. I motivi che il Presidente del Consiglio mette sul tavolo dei referenti del Popolo della Libertà sono almeno tre, ciascuno dei quali da non trascurare:

1. “In questo momento non abbiamo avversari”;

2. “Gli altri, gli avversari non potranno mai coalizzarsi tutti contro di me, da Fini a Vendola”;

3. “Non possiamo stare a contrattare con i finiani su ogni legge”.

Non c’è solo tatticismo, dietro la volontà del leader PdL, ma pare anche lineare il fatto che la nuova prospettiva (fuori i finiani dal partito) consenta di prendere in considerazione uno scenario ovvio: dovesse rivincere le elezioni, il centro destra ne uscirebbe non solo rafforzato ma addirittura invincibile. Perchè tutti – uno per uno – remerebbero nella stessa direzione: quella indicata da Berlusconi.

Ancora: a dare man forte alla determinazione del Premier, i dati diffusi dal fresco sondaggio di Euromedia, realizzato dopo la fuoriuscita dei finiani: i numeri parlano di un Pdl in crescita di due punti percentuali, Futuro e Libertà oscilla in una forbice che va dal 2-3 per cento (in caso di schieramento senza alleanze) all’8-10 in coalizione con l’Udc. Intanto, l’ultimo vertice di Palazzo Grazioli prima delle ferie (non particolarmente lunghe, quest’anno) si è consumato alla presenza dei massimi esponenti di partito cui si sono aggregati i Ministri Giulio Tremonti, Franco Frattini, Altero Matteoli e Angelino Alfano. Oltre a una disamina della situazione è emersa tutta la convinzione di Berlusconi – manifestata, condivisa – di optare per il voto subito: le date attorno alle quali si è ragionato sono nella peggiore delle ipotesi il 27 marzo del 2011 (non a caso, nello stesso giorno del 1994, Berlusconi vinse le prime elezioni a cui partecipò) e nella migliore, a metà novembre. Nell’ultimo caso, il tentativo sarebbe quello di dare la parola ai cittadini prima del 14 dicembre, quando la Consulta dovrebbe bocciare lo scudo del legittimo impedimento.

Il quartier generale del PdL sa bene cosa fare: comizi, reclutamento, divulgazione delle attività di Governo, comitati elettorali, promotori delle Libertà e una macchina da far ripartire in fretta con il lavoro certosino ma efficace di Denis Verdini, Michela Brambilla, Giorgia Meloni e Beatrice Lorenzin. Dovrà essere un martellamento: di numeri, di fatti, di opere, di azioni portate a termine. Rendere l’attività di Governo un libro che sia il più aperto possibile, magari con qualche affondo a temi di cui altri (Futuro e Libertà) si sono autoproclamati paladini: anche per questo, in occasione del discorso di Ferragosto (quest’anno a Palermo e non a Roma) Berlusconi parlerà per lo più dei successi del governo nella lotta alla mafia e si avvarrà del contributo del ministro degli Interni, Roberto Maroni, e del Guardasigilli Alfano.

Tre motivi per andare a votare, sosteneva Berlusconi: esistono però anche incognite di similare importanza che spingono parte del PdL a fare passi piccoli e ragionati a lungo:

Parla Denis Verdini, PdL alla resa dei conti

La versione di Denis Verdini in merito al coinvolgimento del coordinatore PdL nell’associazione appellata P3 è affidata a una conferenza stampa nel corso della quale l’ex Presidente del Credito Cooperativo toscano ne ha avute per tutti. Fini, Caldoro, Dell’Utri, Bocchino, eolico, Mancino, Cappellacci, Carboni: una sfilza di nomi che Verdini non ha trascurato di nominare per esporre la propria versione dei fatti. E’ come se si scrivesse un capitolo in più alla triste vicenda dell’intreccio tra politica e corruzione, tutt’ora al vaglio della Magistratura e pare una pagina importante del percorso intrapreso dal Governo attuale.

Se non altro, perchè anche nel corso dell’incontro tra Verdini e i giornalisti, sono emerse differenze incolmabili tra due correnti che nel PdL- quella dei finiani e il resto del partito – sono sempre più distinte, separate, lontane. Non a caso, quando il coordinatore PdL non aveva ancora concluso il suo intervento, l’Ansa s’era già messa a diffondere il commento di Italo Bocchino – finiano doc – con tanto di richiesta “più che mai, più di prima” di dimissioni inoltrata allo stesso Verdini. A cui è toccato di replicare seduta stante. Le frasi salienti pronunciate dal politico-banchiere:

P3.Tutto questo parte da un pranzo a casa mia, riportato da alcune intercettazioni, nel corso del quale si è parlato della candidatura del giudice Miller. Non conoscevo il giudice Martino, il giudice Lombardi e il giudice Miller. La selezione delle candidature è il mio lavoro. Nessuno mi cita mai dopo quel pranzo, per questo mi sembra strano essere ricondotto alla ormai famosa P3. Non ho mai saputo nè fatto parte di associazioni segrete. Non ne conosco nè finalità nè attività“.

DIMISSIONI.Non capisco perché dovrei dimettermi. Ho sempre fatto bene il mio lavoro. Non vedo perché dovrei dimettermi per una cosa di cui non so nulla“.

P3, eolico in Sardegna: il Csm trasferisce Marra che dice “Non c’entro”

csm

P3: sigla da battaglia navale che rischia di trasformarsi in un “colpito, affondato”. Si è parlato di polverone ma, valutando con attenzione conseguenze e potenziali scenari, il pericolo è che diventi uno scandalo. Di quelli da meritare una posizione di rilievo. L’inchiesta – ancora nel vivo – che ruota intorno agli appalti per l’eolico in Sardegna continua a mietere vittime illustri. Oggi è toccato al Presidente della Corte d’Appello di Milano, Alfonso Marra, il cui nome risulta presente in diverse intercettazioni al vaglio dagli inquirenti: per Marra è stato deciso di avviare (prima commissione del Csm: quattro voti a favore, uno contrario, un assente) la procedura di trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale. Lo stesso verrà ascoltato nei prossimi giorni anche se la prima reazione a caldo è stata quella di dichiararsi estraneo ai fatti: “Sono tranquillo, io non c’entro niente in questa vicenda. Sono contento che il Csm abbia aperto la procedura così si chiarirà la mia posizione“. Non il primo a pagare dazio, si diceva: l’indagine, infatti, sta falcidiando trasversalmente molti esponenti illustri.
L’INCHIESTA. Gli appalti per l’eolico in Sardegna: si è cominciato a indagare qualche mese fa in merito a un collegamento tra l’inchiesta della procura di Roma – rispetto a un presunto gruppo di affaristi che avrebbero agito in maniera tale da gestire l’assegnazione stessa di una serie di appalti pubblici nell’isola per la realizzazione di parchi eolici.

Legge Bavaglio, 600 emendamenti; P3, dimissioni Cosentino; ‘ndrangheta, Madonna di Polsi: parla Il Crimine

nicola-cosentinoDdl sulle intercettazioni, la nuova costola della P2 a cui è stato cambiato il numero (ora P3: si va in ordine crescente) e la maxi operazione condotta dalle forze dell’Ordine tra Reggio Calabria e Milano con una serie di blitz che hanno portato all’arresto di oltre 300 persone riconducibili alla ‘ndrangheta. Volessimo scattare tre fotorgrafie per raccontare la situazione politica italiana delle ultime ore, il rullino custodirebbe il trittico appena indicato. Momenti e contesti tra loro differenti – vero – nonostante il gioco di volti e assonanze consenta di trovare qualche affinità, determinare parallelismi, trarre conclusioni. La prima: situazione assai delicata per il panorama socio-politico nostrano nel quale accade che – a fronte di un Governo sempre appeso alla precarietà dell’asse Berlusconi-Fini – nemmeno quando è possibile riferire del più grosso colpo inferto alla ‘ndrangheta ci si può esimere dal confermare che – tra arresti e indagati – vi sono nomi di spessore professionale elevato. Direttori sanitari, avvocati, commercialisti e – appunto – politici. La seconda: saranno giorni infuocati. Nel corso dei quali pare necessario fare ricorso – da più parti – all’arte della pubblica relazione. Con ordine.

Ddl intercettazioni, dicevamo. La legge bavaglio. Oggi sono stati presentati undici emendamenti: sei firmati dal capogruppo del Pdl in commissione Giustizia, Enrico Costa, e dal leghista Matteo Brigandì; altri cinque dalla presidenza della commissione stessa e relatrice del ddl sulle intercettazioni, Giulia Bongiorno. Si vanno ad aggiungere agli altri 600 presentati dalle opposizioni (400 solo dal Pd). Motivo per il quale il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, chiede maggior tempo per la valutazione. “Vogliamo leggerci con calma tutti gli emendamenti per capire che tipo di parere dobbiamo dare“. In tal caso, assenso trasversale: 48 ore per l’esame, martedì prossimo si vota.