Sarà adesso un’indagine del Consiglio superiore della Magistratura, assieme al Procuratore Generale della Cassazione, ad occuparsi della vicenda di Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, le cui rivelazioni sui rapporti fra la mafia e la politica avevano citato in causa diversi esponenti politici di spicco, attuali e del passato. Ciancimino, già condannato per riciclaggio, era stato fermato una settimana fa, a Parma, con l’accusa di calunnia aggravata, su disposizione del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dei sostituiti Nino Di Matteo e Paolo Guido. Egli, stando a quanto ricostruito dalla polizia scientifica, avrebbe falsificato un documento, poi consegnato ai magistrati, in cui si menzionava l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro.
La decisione del Csm giunge dopo il vertice tenutosi per smorzare le polemiche tra i pm titolari dei vari filoni di inchiesta in cui è coinvolto Ciancimino. Il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha spiegato che ” non ci sono motivi per sollevare contrasto di competenza tra la procura di Caltanissetta e quella di Palermo”, precisando inoltre che ” i prossimi atti che riguardano le indagini su Ciancimino verranno compiuti congiuntamente da Caltanissetta e Palermo”.
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Riforma della Giustizia, i punti principali
Il consiglio dei ministri ha approvato ieri all’ unanimità la riforma della giustizia, salutandola con un applauso al ministro Angelino Alfano. Adesso, toccherà al Parlamento pronunciarsi, e, trattandosi di una riforma costituzionale, per essere approvata, deve essere sottoposta a doppia votazione per ogni camera, e approvata con una maggioranza dei due terzi, altrimenti sarà necessario ricorrere a un referendum confermativo. Quest’ ultima circo è la più probabile, in quanto le opposizioni si sono dette per lo più contrarie alla riforma. Vediamo, quindi, i punti salienti del disegno di legge varato dal governo.
Il nodo centrale, sui cui si basano gli altri aspetti della riforma, è quello della separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, per la quale le toghe, all’ inizio della carriera, dovranno decidere se diventare pubblici ministeri, che hanno il ruolo dell’ accusa e sarebbero così quasi equiparati agli avvocati della difesa, o svolgere la funzione di giudice, Da ciò discenderebbe la divisione del CSM (Consiglio superiore della magistratura) in due CSM, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri.
Il CSM dei giudici sarà presieduto dal presidente della Repubblica, e sarà composto per metà da membri “togati” (scelti dai giudici) e per metà da membri “laici” (eletti dal Parlamento), e anche il vicepresidente sarà scelto fra i membri”laici”.
Anche il CSM dei pubblici ministeri sarà presieduto dal presidente della Repubblica e composto per metà da membri “togati” (eletti dai pubblici ministeri) e per metà da membri “laici”, fra cui anche il vicepresidente.
Ai due CSM andrebbero compiti sostanzialmente simili a quelli del CSM attuale, anche se verrebbe esplicitamente previsto che “non possono adottare atti di indirizzo politico, nè esercitare funzioni diverse da quelle previste nella Costituzione”. I magistrati sarebbero poi giudicati non più, come è adesso, dalla sezione disciplinare del CSM, bensì da un altro organo, l’ “alta corte di giustizia”, anch’ essa divisa in due. Verrebbe inoltre introdotta la responsabilità civile per i giudici.
Giustizia, Alfano: seguite le indicazioni del Quirinale. Ma le opposizioni non ci stanno.
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano si è recato oggi al Quirinale per presentare la bozza di riforma della giustizia che il Consiglio dei ministri si appresta a discutere già da domani. Al termine del colloquio, di un paio d’ ore, il Guardasigilli si è mostrato ottimista e si è detto “soddisfatto dell’ incontro”, mentre Napolitano si sarebbe limitato a “prendere atto” in maniera “formale” della volontà del governo, ascoltando quanto illustrato da Alfano, e auspicando, comunque, che per la riforma della giustizia si possa arrivare a “larghe intese” con l’ opposizione.
Secondo le indiscrezioni, l’ ultima bozza presentata dal ministro della Giustizia prevederebbe, fra l’ altro, che “I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti”, e quindi il cittadino potrà citare direttamente loro in giudizio, anzichè lo Stato, come è previsto ora. Verrebbe poi aggiunto, all’ articolo 113 della Costituzione, l’ art. 113 bis, sulla “responsabilità civile dei magistrati” per i “casi di ingiusta detenzione o di altra indebita limitazione della libertà personale”.
Si introdurrebbero quindi due CSM, che sarebbero entrambi presieduti dal Capo dello Stato (diversamente dall’ ipotesi che prevedeva a capo del CSM dei magistrati requirenti il Procuratore generale della Cassazione eletto dal Parlamento in seduta comune su indicazione del CSM). Cambierebbe poi l’ obbligatorietà dell’ azione penale, che andrebbe esercitata “secondo i criteri stabiliti dalla legge”.
Dossier sulla Boccassini, perquisizione al “Giornale”. Indagato membro del CSM
La sede romana del quotidiano “Il Giornale” e l’ abitazione della giornalista Anna Maria Greco sono state perquisite stamattina nell’ ambito di un‘ indagine che vede anche indagato per abuso d’ ufficio il consigliere “laico” della Lega al CSM, Matteo Brigandi, che avrebbe passato al quotidiano di Sallusti le carte di un vecchio dossier, poi archiviato, aperto negli anni Ottanta dal CSM a carico del procuratore aggiunto di Milano ed ex pm Ilda Boccassini. La Boccassini, infatti, è uno dei magistrati che sta conducendo l’ inchiesta relativa al “Ruby-gate” che vede coinvolto il premier: nell’ articolo, pubblicato qualche giorno fa dal “Giornale” con il titolo “La doppia morale di Boccassini”, si ricordava come il magistrato, nel 1982, fu “sorpresa in atteggiamenti amorosi” con un giornalista di “Lotta Continua”. In proposito, si affermava sempre nell’ articolo: “Davanti al CSM si difese come paladina della privacy. E fu assolta. Ora fruga nelle feste di Arcore, ma allora parlò di “tutela della sfera personale”.
Dura la reazione del quotidiano, che, in una nota, considera le perquisizioni “Un nuovo tentativo di mettere il bavaglio alla libertà di informazione e al Giornale in particolare dopo le perquisizioni di pochi mesi fa al direttore, Alessandro Sallusti, al vicedirettore, Nicola Porro, e alla redazione milanese del quotidiano per l’ affaire Marcegaglia”. Il direttore Sallusti se la prende con quella che definisce “la casta dei magistrati” , che, accusa, “per l’ ennesima volta mostra il suo volto violento e illiberale”. Anche il segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana, Franco Siddi, ha difeso i colleghi del “Giornale”, dichiarando: “Nello scontro politica-magistratura non possono essere chiamati a pagare i giornalisti se danno notizie, ancorchè su di esse e sulla loro valenza in termini di carattere pubblico, ciascuno possa avere opinioni diverse”.
Appalti, Mancino: “Anemone? Da lui nessun regalo”
“Il signor Anemone non mi ha fatto alcun regalo“. L’ha dett0 il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, facendo riferimento alle notizie apparse su alcuni organi di stampa:
“A seguito della mia nomina a ministro dell’Interno nel 1992, vennero commissionati dal Sisde all’impresa del signor Diego Anemone lavori di messa in sicurezza dell’appartamento da me allora abitato in locazione a Roma in corso Rinascimento 11. Si trattò essenzialmente della blindatura di porte e di finestre.
Fini non si avvale del lodo Alfano. E il magistrato ritira tutto
Notizia: il presidente della Camera, Gianfranco Fini, rinuncia ad avvalersi del lodo Alfano (la legge che prevede l’immunità per le 4 principali cariche dello Stato, la cui costituzionalità sarà al vaglio nei prossimi giorni da parte della Consulta). Giulia Bongiorno, deputata del Popolo della Libertà nonché avvocato del presidente della Camera, ha presentato istanza di rinuncia del suddetto logo. Per cosa?
Pre-notizia: un procedimento nei confronti del presidente della Camera, nato da una querela dal magistrato Henry John Woodcock per le parole pronunciate da Fini a Porta a Porta. Dopo la notizia: il magistrato ritira tutto.
Una domanda: perché Fini ha deciso di non avvalersi del lodo? Con quali motivazioni?