Omicidi bianchi sul lavoro. Altro che emergenza sicurezza

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Troppo spesso si è sentito parlare di emergenza sicurezza negli ultimi mesi qui in Italia. Emergenza extracomunitari, emergenza comunitari ma non troppo, emergenza rom. La tv, usata come un gladio contro l’invasore, amplifica a dismisura ogni crimine commesso da un clandestino. Quello che è stato creato in Italia è un vero e proprio allarme sociale. Forse l’ennesima dimostrazione del potenziale bellico delle armi di distrazione di massa in mano al tycoon dell’editoria, come lo chiamavamo fino a qualche anno fa.
Intendo dire che tutto è cambiato, l’ordine delle priorità insomma sembra diverso. Già, perchè a mia memoria, fino ad un paio di mesi fa, in piena bagarre elettorale, l’intero palinsesto televisivo era popolato da testimonianze di cittadini che non ce la facevano più ad arrivare a fine mese. Prodi li aveva stritolati ed il vampiro Visco aveva completato il lavoro.
Abbiamo sentito dire non arriviamo alla quarta settimana, poi pian piano si è scesi alla terza…e meno male che è caduto Prodi perchè altrimenti le tv adesso forse manderebbero immagini della Beirut primi anni 80 con la didascalia Roma. Il guaio è che ci avremmo creduto. Ma questa è un’altra storia.
Adesso, il problema del paese è la sicurezza e la privacy dei suoi cittadini, premier in testa naturalmente. Ebbene, c’è una buona notizia. In Italia per 4,7 persone al giorno è scampato il pericolo rom e il fastidio di essere intercettati. Perchè? Semplicemente perchè muoiono sul posto di lavoro.

Siamo tutti Pino Maniaci

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Siamo tutti Pino Maniaci perché Pino non deve sentirsi solo. Perché abbiamo bisogno di un giornalismo fatto d’impegno civile che ci aiuti a non essere distratti o indifferenti
Luigi Ciotti
Solo un paio di settimane fa appariva nelle pagine interne dell’edizione palermitana de La Repubblica, una notizia. E di questi tempi direi che già non è poco. Ironie a parte, il quotidiano riportava nelle pagine locali la notizia che la demolizione di alcune stalle abusive a Partinico, contrada Valguarnera. Gli edifici abusivi, di proprietà del clan Vitale, rappresentavano il simbolo del controllo del territorio da parte del clan di Leonardo, Vito e Michele Vitale, riferisce il giornale.
L’aspetto significativo di questa vicenda però è un altro. La demolizione degli stabili è avvenuta in preoccupato anticipo rispetto alla data fissata originariamente a causa di “voci” circolanti da giorni e arrivate all’orecchio degli inquirenti circa possibili “giochi di fuoco” in occasione dell’intervento del Genio civile. Sembra infatti che un attentato dinamitardo era previsto per il giorno della demolizione.
Discutibile a mio avviso che i telegiornali e le edizioni nazionali di quotidiani e relativi siti web non abbiano trovato spazio per dare notizia del possibile attentato. In questo contesto di indifferenza a volte disarmante, opera in quel di Partinico Pino Maniaci. Si va bene, ma chi è Pino Maniaci?

Il memoriale di Vincenzo Calcara (parte IV)

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Dopo le prime tre parti di ieri, pubblichiamo la quarta parte del memoriale di Vincenzo Calcara, collaboratore di giustizia.
Dissi al Dr. Borsellino che ero venuto a conoscenza non solo che esistevano cinque ENTITA’ collegate nel Cuore di una POTENTE IDEA, ma anche di aver visto con i miei occhi gli uomini al Vertice di ogni ENTITA’ riunirsi nella villa di LUCCHESE Michele a Paderno Dugnano dove io avevo la residenza. Il giorno di questa importante RIUNIONE il Lucchese mi ha ordinato di stare nella stanza accanto dandomi il compito di servire le bevande, il caffè e altro ogni qualvolta veniva chiesto.
Questa riunione è stata nell’estate del 1981 ed erano presenti: BERNARDO PROVENZANO, MESSINA DENARO FRANCESCO, il POTENTE UOMO POLITICO, IL CARDINALE, IL NOTAIO ALBANO, FRANCESCO NIRTA DI SAN LUCA, etc. etc. Il Comandante dei Carabinieri GIORGIO DONATO dava la copertura e controllava il territorio di Paderno Dugnano.
Il motivo di questa riunione è stato perché si doveva riparare ha tutti i danni che ha causato il Dr. CALVI per la perdita di tantissimi miliardi! Quel giorno c’era un grande nervosismo ed erano tutti incazzati neri. Addirittura non hanno neanche pranzato. Sono stati dalle 11,00 di mattina fino alle ore 18,00 di sera. Ricordo di avere fatto una decina di volte il caffè (ero io che versavo a tutti caffè e bevande) e poi mi sono appartato nella stanza accanto dove non potevo fare a meno di sentire tante cose.
Ad esempio quando ho sentito dire al Cardinale queste parole: “Gli ho garantito la mia protezione facendo ricadere la colpa su MARCINKUS, ma questo indegno non mi credeva! Lui è molto furbo” (si riferiva a CALVI). Quel giorno si è decretata definitivamente la condanna a Morte di CALVI. Dopo l’uccisione del Dr. Falcone il Dr Borsellino mi viene a trovare spesso, tranquillizzandomi che da un momento all’altro andavo via da Palermo per mettermi al sicuro in una struttura protetta a ROMA (cosa che avvenne).

Mafia, Stato, Massoneria, Vaticano, Servizi deviati. L’agghiacciante memoriale di Vincenzo Calcara (I, II e III parte)

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Cominciamo oggi, dopo avere ricevuto indiretta ma ampia e palese autorizzazione a farlo da Salvatore Borsellino, a pubblicare il memoriale che Vincenzo Calcara ha deciso di consegnare pochi giorni fa al fratello del giudice Paolo, ucciso dalla mafia (e non solo?) il 19 luglio 1992. Salvatore Borsellino si batte ormai da 16 anni contro il muro di silenzio e omertà che i media hanno eretto sui tanti punti ancora oscuri di quegli anni. Troppo silenzio sulla vicenda personale e professionale degli uomini del pool antimafia di Palermo dell’epoca, ed in particolar modo dei 58 giorni “rimasti” a Paolo Borsellino, dopo la morte dell’amico Giovanni Falcone e le rivelazioni dei collaboratori di giustizia sul cosiddetto terzo livello della cupola mafiosa. Uno su tutti, Vincenzo Calcara.
Ovvero l’uomo incaricato dal boss Francesco Messina Denaro, padre di quel celebre Matteo oggi taggato sui muri di Palermo, di uccidere Paolo Borsellino. Racconta di lui il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore:

Ho conosciuto di persona Vincenzo durante la trasmissione Top Secret ma quasi mi sembrava di conoscerlo da tanto tempo. Me ne avevano parlato la moglie e i figli di Paolo che hanno continuato ad aiutarlo e stargli vicino da quando lo Stato, nella sua costante opera di scoraggiamento dei testimoni di Giustizia, dei collaboratori di Giustiza e dei (pochi) veri pentiti, lo ha abbandonato al suo destino. Me ne aveva parlato già lo stesso Paolo negli ultimi mesi della sua vita, quando stava raccogliendo le sue rivelazioni nello stesso periodo in cui ascoltava anche Gaspare Mutolo e Leonardo Messina, ma con Vincenzo Paolo aveva stabilito un rapporto particolare perchè era quello che gli aveva confessato di avere avuto, dalla famiglia di Francesco Messina Denaro, la famiglia che deteneva saldamente il controllo della zona di Castelvetrano, alla quale apparteneva come uomo d’onore “riservato”, l’incarico di ucciderlo con un fucile di precisione in un agguato sulla statale tra Palermo ed Agrigento

Le rivelazioni fatte dal pentito nelle pagine che oggi mettiamo a vostra disposizione sono di fatto sconvolgenti. Nel vero senso della parola. Mi spiego.

Rassegna Critica – Vengo dopo il Tiggì (ma prima di Bush)

Arriva Giorgio Passeggiatore Bush, quindi. Ma come sta vivendo l’Italia l’ultimo viaggio da Presidente e da uomo più potente del mondo (per quanto, attualmente, probabilmente anche il più impopolare) di George W. Bush?
I Tg nazionali sono pro o contro il suddetto? Posto che non dovrebbero essere nè l’uno nè l’altro. Posto che dovrebbero riportare i fatti e non altro, e aiutare l’utente, anzi, il telespettatore, che rispetto all’utente web è per alcuni versi meno smaliziato, a comprendere le storie.
Cominciamo con l’odierna edizione del Tg1. Ecco i titoli.

Riprovevole Tangentopoli

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Si è tornato a parlare negli ultimi giorni del celebre tentativo di depenalizzare il reato di finanziamento pubblico ai partiti durante la bufera Tangentopoli, il decreto Conso, divenuto famoso come il colpo di spugna. Pochi giorni fa appariva sul Corriere della Sera un’intervista di Aldo Cazzullo a Giuliano Amato in cui il dottor sottile, così chiamato per l’esilità della sua figura ma soprattutto per la riconosciuta perspicacia, annunciava il ritiro dalla politica, l’ennesimo.
Senonchè, stuzzicato sull’argomento Tangentopoli dal giornalista del Corriere, l’ex premier dell’epoca si scopre, e sentendo già l’aria del buen retiro, spara a zero. Usando un termine inequivocabile: riprovevole. Da uno stralcio dell’intervista.
– Era il decreto Conso, che Scalfaro non firmò.
Non lo firmò dopo il pronunciamento della procura di Milano. Fu un episodio riprovevole il veto di un gruppo di magistrati a una disposizione legislativa.
Le cose però non andarono esattamente così. Brevemente, i fatti.

Rassegna Critica – Vengo dopo il Tiggì. E dopo il Gay Pride

Taaaaaaaanto se n’è parlato, di questo benedetto appuntamento. Taaaaaaanto. Polemiche a non finire, in tempi di cambi al vertice nell’Urbe. Da Veltroni ad Alemanno, uno che di sicuro nella vita come primo provvedimento politico non penserebbe esattamente alla difesa del Gay Pride.
Tempi in cui il Ministro più piacente della storia della Repubblica italiana – dicono così, e come dare torto – ha negato il patrocinio delle Pari Opportunità al Gay Pride in questione. E giù la polemica – il dibattito? il confronto? la crescita? in teoria… – per giorni e giorni, all’epoca dei fatti. Ciò detto, uno si aspetterebbe, per completezza di informazione, che ci sia l’ultima puntata della vicenda, nei tg del giorno del fattaccio. E cioè ieri, giorno in tutt’Italia – anche Roma – si è svolta l’anteprima del Gay Pride, che si terrà quest’anno, in salsa nazionale, a Bologna.
Quindi sarà in agenda, no, nelle edizioni di ieri sera dei pregevoli tg nazionali? Il Tg1 parte con l’intervista esclusiva a Bush di Gianni Riotta.

Europa Militare. Beppe Grillo, Mentana e gli Americani

Giorni addietro Beppe Grillo richiamava alla memoria dell’Italia sopita, sul suo blog, l’occupazione americana su territorio italiano. Ne parlava Mentana a Matrix il 6 maggio. RaiNews24, oggi, a Macro Sfera, tratta proprio l’esplosiva faccenda.
Quanti soldatini americani circolano su territorio italico? Durante la Guerra Fredda erano circa 450.000, i soldati americani presenti qui. Ora hanno una funzione di appoggio, di retrovia, e sono nettamente diminuiti.
Le basi? In Germania, paese – sapete com’è, la storia, a più forte presenza militare statunitense – ci sono 670 chilometri quadrati di basi. In Italia 7, ufficialmente. Beppe Grillo dà un numero differente: dice 113.

De Magistris, i tiggì e le sviste arbitrarie

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Tra un orsetto Knut – non me ne vorrà il simpatico plantigrado – e due calci al pallone in terra elvetica qualcuno ha dimenticato di dare questa notizia:
(ANSA) – CATANZARO, 4 GIU – La Procura della Repubblica di Salerno ha chiesto l’archiviazione per il pm di Catanzaro Luigi De Magistris. La richiesta è stata avanzata nell’ambito di una inchiesta avviata dopo le denunce di magistrati ed altre persone coinvolte in alcune indagini. Nei confronti di De Magistris si ipotizzavano i reati di calunnia, abuso d’ufficio e rivelazione del segreto d’ufficio relative alle inchieste Poseidone, Why Not e Toghe Lucane. Nella richiesta di archiviazione i magistrati di Salerno sostengono l’insussistenza di illegittimita’ sostanziali o procedurali penalmente rilevanti ovvero di condotte abusive addebitabili nell’esercizio delle funzioni giudiziarie di De Magistris. Nell’inchiesta della Procura di Salerno, coordinata dal Procuratore, Luigi Apicella, e dal sostituto Gabriella Nuzzi, sarebbe emersa anche la correttezza formale e sostanziale degli atti procedimentali compiuti dal magistrato di Catanzaro. Nel provvedimento i magistrati di Salerno fanno riferimento inoltre ad interferenze subite da De Magistris da parte dei vertici della Procura di Catanzaro.
E adesso come la mettiamo?

La rifondazione di Rifondazione

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Pochi giorni fa, il 2 giugno, si è celebrata la festa della Repubblica italiana, nata proprio quel giorno di 62 anni fa, all’indomani delle prime elezioni libere dopo il giogo del regime fascista.
Da quel giorno nel nostro parlamento hanno sempre trovato ospitalità le rappresentanze del partito comunista italiano e dei suoi eredi. All’indomani del 16 aprile un dato in particolare ha attirato l’attenzione degli analisti, quelli bravi. Il 17 aprile si scopre che Comunisti Italiani, Sinistra Democratica e Rifondazione Comunista – uniti alle scorse politiche sotto il vessillo con i sette colori dell’iride, sono per la prima volta fuori dal Palazzo.
La cosa che francamente ci appare significativa è però un’altra. Alla scomparsa della sinistra dagli scranni di Montecitorio ha fatto seguito anche la dipartita dai nostri teleschermi di una qualsivoglia informazione circa il destino del partito dei lavoratori. Sembrerebbe qui confermata la logica che sovraintende le scelte di palinsesto all’interno di una rete tv nazionale: non fai audience, prego si accomodi quella è la porta. Il sospetto si fa largo ed il mistero meno cupo quando si voglia considerare la lottizzazione folle operata dalla politica sulla Rai ed il panorama monocromatico delle tv commerciali.
Il problema si pone però di fronte all’informazione, un diritto inalienabile anche per i cittadini/utenti/clienti del tubo catodico. Così facendo i più disattenti potrebbero arrivare a pensare che la sinistra dopo la batosta abbia deciso di passare a miglior vita. Oddio, non credo sia possibile arrivare a tanto… ma non si sa mai, le distrazioni sono tante ed il tempo a disposizione scarseggia.
Veniamo al punto. A fine luglio è previsto il VII congresso nazionale di Rifondazione. Il mainstream ci vomita addosso occasionalmente che lo scontro è a due: Vendola contro Ferrero. Non andiamo così di fretta, vi prego.

Intercettazioni? No, grazie

Questo a esemplificativa presenza. Era in quel di Santa Margherita Ligure che tornò in auge quella parola. Davanti alla platea di imprenditori, davanti al proprio pubblico naturale? Ecco il punto, annunciato da tempo, esplicitato oggi: il divieto di ordinare ed eseguire intercettazioni, anche nell’ambito di indagini giudiziarie.
Ah, no. Poi Silvio Berlusconi ha la bontà d’animo di specificare che verranno escluse dal provvedimento solo le inchieste che riguardano la criminalità organizzata, la mafia, la camorra e il terrorismo. C’è un libro, ora anche un film, che probabilmente dal tanto parlare che se ne è fatto dalla nascita ad oggi, passando – verrebbe, forse, da chiedersi: purtroppo? – anche per Cannes, che su quelle intercettazioni (quelle ESCLUSE dal provvedimento) si basa: è Gomorra. Che cita e richiama a ritmo di musica le intercettazioni della Direzione Distrettuale Antimafia. Temo per loro, libro, film e autore, il boomerang della popolarità e del circuito. Ma quella è un’altra storia. QUESTA storia, quella di oggi, parla di intercettazioni. E intercettazioni NON siano.

Rassegna Critica – Vengo dopo il Tiggì. I patti Lateranensi

il mio Governo non può che compiacere il Pontefice e la Chiesa

Brrr. Che vuol dire, esattamente? Perchè nessuno ha chiesto numi al Premier. Accipoffarbacco.

I Patti lateranensi. Vengono in mente, o forse dovrebbero tornare alla mente. Storia del secolo scorso che però non rientra nella gestione e nelle ricostruzioni dei fatti contemporanei del mainstreaming. Un peccato: capire da dove si viene non è esattamente inutile. In tempi di incontri tra Silvio e il Pastore Tedesco.
I Patti Lateranensi, insomma. Che c’entrano? C’entreranno, no, se l’Italia è stata definita da più parti il Giardino del Papa??? Non di pipponi storici si vorrà tediare il lettore, ma di causa-effetto virtù.

Giorgio Almirante e la toponomastica revisionista

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Pochi giorni fa il calendario registrava l’ennesimo anniversario triste della pur breve storia repubblicana del nostro paese. Ventisei anni e qualche giorno fa la strage di Peteano (nella foto il luogo dell’attentato).
Il 31 maggio 1972 qualcuno chiama il 112 di Gradisca d’ Isonzo (Gorizia): “C’è una 500 abbandonata con due fori di pallottole in località Peteano”. E’ una trappola. Una pattuglia esce a controllare quella macchina. Uno dei militari apre il cofano e scoppia una bomba. Muoiono tre carabinieri, altri due restano gravemente feriti. La voce al telefono è di Carlo Cicuttini. Cittadino spagnolo, Cicuttini si rifugia a Madrid fino all’aprile del 1998, quando la procura di Venezia gli tende un tranello facendogli offrire un lavoro a Tolosa, in Francia. Lui si presenta e finisce in manette, 26 anni dopo Peteano.
Diversa la sorte dell’altro colpevole della strage, Vincenzo Vinciguerra, reo confesso dopo essere stato incastrato dalle rivelazioni di un altro terrorista nero, Giovanni Ventura. Erano gli anni della strategia della tensione, e parecchie sono ancora oggi le zone grigie in cui è possibile, spesso verosimile, a volte certo, ipotizzare una sordida contiguità tra i servizi e le organizzazioni terroristiche dell’epoca. Il fantasma del colpo di stato ha lambito il nostro paese in più di un’occasione in quegli anni. Gli anni di piombo.
E cercando ulteriori informazioni in giro per il web mi sono imbattuto in alcuni approfondimenti sulla strage, diciamo così, a mio avviso emblematici del meccanismo di distorsione delle notizie attualmente adottato dal mainstream.