Sarkozy e Zorro: tasse alle TV private per aiutare quelle pubbliche

Zorro

Nicolas Sarkozy alla riscossa. Al presidente piace il mondo mediatico e la celebrazione. In questi tempi di occhi puntati sulla di lui vita privata – a volte, appare, più all’estero, in quest’Italia cui tanto piace il gossip e, perchè no, il voyeurismo, che nella stessa Francia – Sarkozy pensa ad una riforma delle dinamiche televisive d’oltralpe. Ecco la proposta: eliminare gli spot commerciali dalla tv pubblica e tassare i ricavi pubblicitari dei canali privati per ridurre il deficit.

Durante la conferenza stampa di inizio anno, nel Salone delle feste dell’Eliseo, Nicolas Sarkozy ha annunciato le sue intenzioni a più di 500 tra giornalisti, fotografi e operatori televisivi provenienti da oltre quaranta Paesi. Al Presidente, come è normale che sia, è toccato anche rispondere alle inevitabili domande sulla sua relazione con la cantante ed ex modella italiana Carla Bruni. E’ una storia seria, ha affermato. Difficile immaginare il contrario – o che semplicemente affermasse qualcosa di differente – dopo la maestosa esposizione mediatica del loro viaggio in Egitto e delle romantiche passeggiate tra le Piramidi.

Tornando alla realtà, il capo dello Stato ha esordito affrontando il tema del rinnovamento culturale del servizio pubblico radio-televisivo. Un settore che, nei suoi piani, deve mirare alla qualità e non può funzionare solo con criteri mercantili. La proposta concreta? Voglio che i requisiti della televisione pubblica siano modificati profondamente, e voglio considerare la possibilità di eliminare completamente le pubblicità dai canali pubblici. Togliere, dunque, gli introiti pubblicitari al broadcasting pubblico, per assicurarne un innalzamento effettivo dal punto di vista dei contenuti e della qualità. Il finanziamento e quindi la sussistenza economica della Tv pubblica potrebbero essere assicurati per altra via. Potrebbe essere introdotta una tassa più alta sulla raccolta pubblicitaria delle tv private e una tassa infinitesimale sul volume d’affari dei nuovi mezzi di comunicazione, come internet o la telefonia mobile.

Israele: Sale la tensione per l’arrivo di Bush

E’finalmente arrivata l’ora X. In queste ore George Bush, presidente degli Stati Uniti d’America, si trova in Medio Oriente per discutere delle problematiche degli stati arabi. Tra i punti principali della visita la questione Iran e l’incontro a “sei occhi” tra Bush, Olmert e Abbas.

I media sono già pronti a non lasciarsi scappare nemmeno un istante di questa visita, che vedrà Bush prima in Israele. La situazione è tutt’altro che tranquilla nello Stato ebraico. Nemmeno di 24 ore fa due razzi lanciati dal Libano si sono abbattuti su Shlomi senza causare vittime. A tal proposito, il governo israeliano ha deciso di chiudere i confini con i territori palestinesi fino a sabato, al fine di prevenire eventuali attentati nella zona in concomitanza con le discussioni sulla pace.

Bush in Medio Oriente. Azzam: accoglietelo con le bombe

Bush Bomb

Georg W. Bush, la settimana prossima, ha in programma una capatina in Medio Oriente. Comitato d’accoglienza? Azzam l’americano, il portavoce di Al Qaeda, ha la sua idea. E la condivide: Rivolgo questo appello urgente in particolare ai fratelli mujaheddin in Palestina e, più in generale, a quelli nella penisola araba, affinché siano pronti ad accogliere il crociato, il boia Bush, durante la sua visita di gennaio nella Palestina musulmana e nella penisola occupata, non con fiori ed applausi ma con bombe ed automobili esplosive. Parole di stima e di affetto in un messaggio audio video di 50 minuti diffuso via Internet. Dal titolo: Un invito alla riflessione e al pentimento.

Il programma di Bush prevede Israele, Palestina e altri stati del Golfo Persico. In vista del viaggio, la tensione politica internazionale è alle stelle, e la situazione è estremamente delicata. Il rischio attentati viene, infatti, soprattutto da gruppi radicali e cellule spontanee che pedissequamente seguono e applicano le istruzioni diffuse via Web. Ecco il perchè dell’esternazione di Azzam.

E Musharraf disse: la Bhutto è responsabile della sua morte

Elezioni rinviate in Pakistan

Continua la ricerca della verità nella dinamica dell’attentato che ha portato alla morte dell’ex Premier pakistano, e leader dell’opposizione, Benazir Bhutto. Tra Scotland Yard e affermazioni ufficiali. Il Presidente pachistano, Pervez Musharraf, è stato intervistato dalla televisione Usa Cbs. L’intervista verrà mandata in onda domani, ma il suo contenuto è già pubblico a grandi linee.

Il Presidente ricostruisce l’attentato, ammettendo – a differenza di quanto fatto subito dopo l’assassinio – che probabilmente è stato un uomo armato di pistola a uccidere la leader del Partito del Popolo Pakistano, dopo un comizio, il 27 dicembre scorso a Rawalpindi. E ha poi anche considerato che è stata la stessa Benazir Bhutto ad esporsi per sua volontà a un rischio eccessivo.

Barack Obama: semplicemente surfing Iowa

Obama

E Barack Obama ha avuto una bella soddisfazione. In Iowa, il giovane senatore afroamericano dell’Illinois ha battuto John Edwards e Hillary Clinton – a dirla tutta, anche John Edwards ha battuto Hillary Clinton – e, naturalmente ne gioisce.
Il tempo del cambiamento è arrivato: sarò il presidente che riporterà a casa i soldati dall’Iraq, che garantirà la sanità a tutti gli americani e metterà fine ai regali fiscali alle grandi multinazionali. Prove generali da Presidente degli Stati Uniti d’America. Ma la strada per la Casa Bianca è ancora molto lunga e tortuosa. Novembre è lontano, Hillary non demorderà e men che mai demorderanno i repubblicani.

L’affluenza è stata l’altra grande sorpresa di questo primo appuntamento. Perchè è andata contro ogni tendenza più recente: è ritornata ad essere molto alta, ed una partecipazione del genere, negli Usa, non si vedeva da anni. Ne ha beneficiato, soprattutto, proprio Obama, che si è accaparrato il consenso e il relativo voto di molti giovani che hanno partecipato massicciamente ai caucus per la prima volta nella loro vita, spinti da una voglia e una necessità, probabilmente, di cambiamento e di azione.

Omicidio Bhutto: Scotland Yard sulle tracce dell’assassino

E’passata ormai una settimana dall’omicidio a Benazir Bhutto, avvenuto il 27 dicembre scorso, a Rawalpindi. Molti sono i fatti che si sono susseguiti, sia politici, come la salita a leader del PPP del figlio di Benazir, Bilawal, sia di costume, con lo stesso figlio definito dai media un politico “very cool”.

Ma non è questo che il Pakistan sta cercando di scoprire. E lo si evince dalle parole del presidente del paese, Pervez Musharraf che con un sintetico

Non sono del tutto soddisfatto

Kenya: Il tempo della violenza è finito. Ora spazio alle parole.

Finalmente la calma sembra arrivata. Dopo giorni di scontri, di violenza, di morti, di feriti, di immagini che non vorremmo mai vedere in un paese civile, sembra giunto per il Kenya il momento di sedersi ad un tavolo e decidere sul da farsi.

Grazie all’intervento dei diversi mediatori internazionali sembra che le proposte di “riappacificamento” siano diverse, ma purtroppo tutte con i “pro” e i “contro” per ogni fazione.

La prima proposta arriva direttamente dal presidente rieletto Mwai Kibaki, che si è detto disposto alla creazione di una coalizione a larghe intese per governare il paese. Questa idea, però, comporta il riconoscimento di un’autorità governante in Kenya il che significherebbe dichiarare sconfitti “onestamente” l’ODM e Raila Odinga.

Posso andare in bagno, Prof. Sarkozy? Per i Ministri francesi, in arrivo le pagelle

Sarkozy

Che fosse uno originale si era capito. Che non avesse problemi ad attirare l’attenzione, anche. Insomma, il buon Sarkozy si è inventato la pagella. Da recapitare ai suoi ministri. Numeri, dati, riscontri, valutazioni nero su bianco, addirittura mese per mese. Vediamo i progressi, verifichiamo le carenze, i punti di forza, i punti deboli, qui no, qui sì, qui forse, rimandiamo, e nel secondo quadrimestre, se necessario, bocciamo anche.

In questi primi giorni del nuovo anno, al Primo Ministro Fillon toccherà ricevere (uno alla volta, per favore) i membri del governo francese: 33 ritorni a scuola, tra ministri e segretari di Stato. E consegnerà loro le prime pagelle. E come il migliore dei maestri buoni, Fillon ha tranquillizzato i suoi con parole di conforto: Non è un meccanismo punitivo, ma un modo per coordinare meglio il lavoro governativo e installare una cultura dei risultati. Oui, oui.

Poi – c’è anche un poi – dopo le municipali di marzo e prima dell’avvio della presidenza francese dell’Unione europea, i tabelloni dei risultati verranno pubblicati. E potrebbe scattare il rimpasto. Consapevole di tutto questo guaio in arrivo, ieri, la classe si è presentata al cospetto del Preside Sarkò per gli auguri di buon anno nuovo. Ironia. Si sorrideva, un po’ a disagio.

E con questi fanno… 346

346. Tanti sono i morti che ha portato il violento dopo-elezioni keniano. Un dato aggiornato nelle ultime ore, con i quattro manifestanti uccisi a Migori, nella provincia occidentale di Nyanza, durante un assalto al commissariato di polizia. E questo solo secondo i dati ufficiali.

Ma nonostante i “numeri”, che riportano una situazione tragica per il paese più importante dell’Africa orientale, la situazione sembra finalmente in via di risoluzione, sia grazie ad una mediazione internazionale sia grazie ad un intervento giudiziario “super-partes”.

Pakistan, lento ritorno alla normalità?

Pervez Musharraf

La situazione sembra più tranquilla, in Pakistan. Dopo l’annuncio della decisione ufficiale e finale di rimandare le elezioni, previste per l’8 gennaio, al 18 febbraio prossimo, la crisi politica sembra lentamente stabilizzarsi. I principali partiti si stanno preparando alla data delle votazioni, e l’opposizione, dopo l’assassinio di Benazir Bhutto e sulla scia della tragedia del 27 dicembre a Rawalpindi, sembra destinata ad ottenere ampi consensi.

Per chi suona la campana dell’Iowa

Bell

E ora, Hillary ha un po’ paura. I sondaggi l’hanno sempre data in testa, lei, senatrice di ferro dai numerosi scandali e da sempre sulla scena pubblica, di cui però nessuno conosce forse veramente il carattere reale. (Il marito?). Obama l’ha praticamente raggiunta. Di lui i media parlano e straparlano. Conoscendo, se possibile, ancora meno. Partono oggi le prime verifiche, un po’ come a scuola. Un pezzetto di momento di verità, nella corsa affannata e ormai anche troppo famosa alla White House, comincia a intravedersi oggi.

Pakistan, elezioni rinviate e Musharraf in odor di santità

Musharraf tv

Alla fine, le elezioni sono state rinviate davvero. “Motivi tecnici”, spiegano le fonti ufficiali. E la Commissione Elettorale Pakistana rimanda il momento della verità al prossimo 18 febbraio. Il Partito del Popolo Pakistano, fu di Benazir Bhutto e ora del marito e del figlio, avrebbe, lo si è detto, evitato il rinvio delle legislative. O, se proprio, una data un po’ più vicina. “Dopo quanto accaduto, andare al voto è complicato. Il Paese è nel caos, alcuni seggi sono stati incendiati, le schede sono sparite, dobbiamo rimettere tutto in piedi. La prima data utile è quella“, ha spiegato Qazi Muhammad Farooq, responsabile della commissione.

Se questo è il prezzo della vittoria

La situazione sembra incredibile. Noi di politicalive, che abbiamo avuto il pregio di seguire fin dall’inizio la situazione in Kenya quando ancora si parlava di campagna elettorale e quando i telegiornali snobbavano la notizia, siamo sorpresi e sbalorditi per come la situazione si sia evoluta negli ultimi giorni.

Prima una vittoria annunciata dell’ODM, guidato da Raila Odinga, poi, a sorpresa, una vittoria che conferma quanto di buono ha fatto il presidente Mwai Kibaki negli ultimi 5 anni. Nel mezzo un paese che tra i dubbi del broglio e le lotte etniche scatenatesi dalla campagna elettorale sta vivendo la piaga del dopo-elezioni sulla propria pelle.

E in Kenya è guerra etnica

Kibaki

Dagli scontri, violentissimi, causati dai risultati elettorali, si sta passando sempre più pericolosamente alle stragi tra etnie diverse. Il Kenya è sull’orlo di una vera e propria guerra etnica. Dinamiche che riportano drammaticamente alla memoria il Rwanda degli anni novanta. Le elezioni, i risultati equivoci, quattro giorni per dichiarare vincitore Kibaki per uno scarto di 250.000 voti su Odinga e gli osservatori dell’Unione Europea che ne avrebbero già denunciato i brogli.