Torna a casa, George

La “vacanza” è definitivamente terminata. Se tale la possiamo definire. George W.Bush dopo aver fatto visita al presidente egiziano Hosni Mubarak in quel di Sharm El Sheikh è pronto a rientrare a Washington a pensare ai problemi di casa propria piuttosto che delle “beghe” mediorientali.

Un viaggio positivo, quello del presidente USA, che è riuscito nello scopo di lasciare il segno con il proprio messaggio. Tante le personalità incontrate come tante sono state le “figuracce” della strana coppia Bush – Rice, che potrebbero benissimo fare concorrenza alla più nota coppia di “Casa Vianello”.

L’importanza a livello diplomatico di un viaggio del genere è importantissima. Considerando gli effetti positivi questo viaggio porterà al paese e a chi, in prima fila, ne ha messo la faccia. E con un po di invidia ripenso all’Italia.

Libano: Altre quattro morti invisibili

Vivere nei paesi di matrice islamica, al giorno d’oggi, significa imbattersi, prima o poi nella propria vita, in un attentato di stampo terroristico. Sembra uno scherzo, ma non passa giorno che in Libano, in Iraq, in Israele, o in quale altro paese mediorientale non vi è almeno un attentato.

Sia questa una bomba pre-installata in un luogo pubblico, una raffica di colpi improvvisa sparata sulla folla o un attentato suicida da parte di qualche kamikaze di una chichessia organizzazione.

Le motivazioni rimangono sempre tra le più disparate. Ovviamente per gli assalitori lo scopo è raggiungere il paradiso sacrificando la propria vita in onore della religione (che vai a saperlo, ma tutti i musulmani che conosco io in Italia mi dicono che non è assolutamente vero che la religione islamica dice questo). Mentre per tutti quelli che sono al di fuori del mondo mediorientale si tratta solo di pretesti bellicosi, piccoli segni che vogliono dimostrare allo stesso tempo una grande forza.

Niente Papa a La Sapienza. E ora?

Inquisizione
No Papa, no party. Alla fine è arrivato l’annullamento. Alla fine, niente visita. Il Papa non interverrà a nessuna apertura di anno accademico. Non ci sarà, non sarà lì, non comparirà, non parlerà. Nada de nada. Chi ha vinto? Chi l’ha spuntata? Chi esce al meglio da queste polemiche e da questo annullamento?
Ufficialissima nota della Santa Sede. Udite udite. Il Vaticano ha ritenuto opportuno soprassedere alla visita del Papa all’università La Sapienza. Il tutto, a seguito delle ben note vicende di questi giorni. Insomma la visita non s’ha da fare, perchè non l’avete voluta.
Il Santo Padre non parteciperà, dunque. Qualcuno, o qualcosa, ha vinto, e qualcuno o qualcosa ha perso. Ma chi? La sensazione non è questa. La sensazione che queste due giornate lasciano è, forse, un po’ di vuoto. Il Papa, comunque – salviamo capra e cavoli e compariamo lo stesso – invierà l’intervento che avrebbe dovuto tenere.

Il Papa a La Sapienza. Ma la protesta quale gioco aiuta veramente?

Galileo
Lotta all’Inquisizione per il più grande Ateneo d’Europa. Una lotta, molto probabilmente sbagliata. E non per il concetto o per la base laica che potrebbe avere. Ma a partire dal metodo, scelto e portato avanti. Perchè in questi tempi malati, l’indifferenza sarebbe stata l’arma più efficace.
Giovedì prossimo il Papa sarà a Roma, a La Sapienza, per inaugurare il nuovo anno accademico. Ora, l’università l’avrà pure invitato, per logica. Dalla diffusione della notizia della sua presenza, è scattata la rivolta delle menti. 67 docenti e scienziati hanno firmato un documento dove sostanzialmente dicono: no, grazie. Definendo la faccenda un incongruo evento e chiedendo al Rettore di annullarlo. A quel documento si stanno aggiungendo, giorno dopo giorno, molte altre prestigiose firme.
Per tutta risposta, naturalmente, Radio Vaticana, invitata a nozze dalla provocazione, definisce la faccenda come un’iniziativa di tipo censorio. Con pericolosi richiami al passato storico e tradizionale dell’Ateneo. Perchè la prima parola della storia dell’università romana, che i cervelli in rivolta lo vogliano o no, l’ha scritta il Vaticano. Che i cervelli lo realizzino o meno – e non può essere che non lo realizzino – la loro rivolta diventa così un’arma a doppio taglio. La Sapienza è stata fondata da Papa Bonifacio VIII nel 1303. La comunità universitaria attende con interesse l’incontro con Benedetto XVI. Detto per inciso, i professori si sono persino fatti prendere in giro dall’emittente in questione, che ha definito, con tanto di virgolettato, “tollerante” la protesta.

Kenya: Annan, no grazie!

Questo paese non fa che stupirmi. Ogni volta che mi ritrovo dinanzi alla mia tastiera per scrivere alcune righe, siano esse di approfondimento oppure di semplice cronaca, l’immagine che mi si figura davanti del Kenya è sempre più ambigua.

Ad alimentare questa situazione di dubbio chiaramente partecipano anche i media, i quali attualmente sono l’unico metodo in nostro possesso per conoscere cosa accade a Nairobi; giornali, televisioni, radio disegnano un giorno in un modo ed un giorno in un altro uno scenario che si può definire in un solo modo: incredibile.

Ricordo negli ultimi giorni di dicembre, sempre su questo sito, scrivevo nei giorni pre-elettorali con la speranza di vedere un Kenya maturo, pronto a mostrarsi “bello” di fronte a tutti i grandi paesi internazionali. Mostrare di essere democratico, di essere onesto, di essere lindo e pulito.

Brown: “Si al silenzio – assenso nei trapianti”

Nuove regole per i donatori inglesi. Il primo ministro britannico Gordon Brown, si è detto infatti a favore di modificare le attuali leggi che regolamentano la donazione di organi in Gran Bretagna.

Attualmente il trapianto avviene con lo stesso procedimento che si adotta in Italia. Una persona, sia essa viva o morta, può donare i propri organi solo ed esclusivamente se ha autorizzato, mentre era in vita, esplicitamente la volontà di volere donare i propri organi aderendo al Nhs Organ Donor Register (il registro nazionale dei donatori).

L’intervento di Gordon Brown vuole andare a togliere questo esplicito consenso, presumendo automaticamente lo stesso nel caso in cui il paziente, o per lui i suoi familiari, non esprima una propria contrarietà.

Bush, fine del viaggio: l’Iran finanzia il terrorismo

Bush
Fine del viaggio in Medio Oriende per il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Un’ultima tappa agguerrita, più di quelle precedenti. Perchè Bush ha lanciato oggi le sue invettive complete, dirette e inequivocabili contro l’Iran.
L’Iran che arma Hezbollah, finanzia Al Qaeda, minaccia la sicurezza mondiale. Bush parla da Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi: l’ultima tappa del tanto tribolato viaggio in Medio Oriente che ha anche visto la prima volta di Bush in Israele. L’attacco a Teheran, dunque, è diretto e senza mezzi termini. Il governo di Mahmud Ahmadinejad è per il Presidente americano il nuovo pericolo per l’umanità.
Parole, naturalmente, tradotte in tempo reale in tutte le declinazioni possibili dell’arabo e dei suoi dialetti. Parole che presto avranno conseguenze diplomatiche e internazionali. Parole dall’eco fortissima. Mahmud Ahmadinejad e il suo governo dovranno e vorranno presto replicare.

Musharraf: sull’assassinio di Benazir Bhutto, no alla supervisione dell’Onu

Scotland Yard game
Marcia indietro. No all’inchiesta internazionale. Dopo aver mostrato cooperazione e voglia teorica di scoprire la verità, dopo che la Francia si è offerta di dare una mano nelle indagini, sopo che addirittura Scotland Yard era stato assoldato per il nobile fine, il Presidente Pakistano Pervez Musharraf corregge, decisamente, il tiro. In tutt’altra direzione.
Raggiunto dal quotidiano francese Le Figaro, in un’intervista esclusiva, Musharraf ha definito assolutamente impossibile qualsiasi ipotesi di un’inchiesta internazionale indipendente sull’omicidio di Benazir Bhutto.
Il vedovo della donna, Asif Ali Zardari, e ill figlio, Bilawal, successo all’ex premier nella leadership del Partito del Popolo Pakistano, avevano, infatti, chiesto che alle Nazioni Unite venisse affidata un’indagine indipendente. Benazir Bhutto è stata assassinata il 27 dicembre scorso, al termine di un comizio. Il Ppp costituisce la principale forza di opposizione nel paese.

Kenya: Dialogo tra tutti, tranne che tra Kibaki e Odinga

Sono ormai 15 giorni che il Kenya sta vivendo giorni di terrore, a causa della crisi creatasi al termine delle elezioni presidenziali e i suoi contestatissimi voti. Personalità da tutto il mondo stanno cercando di intervenire per placare gli animi che sembrano non volersi raffreddare, anzi danno l’impressione di continuare a scaldarsi.

Dopo gli interventi di John Kufour prima e di Kofi Annan poi, ora è arrivato il momento di Ban Ki-Moon, segretario generale dell’ONU. Il messaggio di Ki-Moon è chiaro e semplice:

Ho invitato i leader politici keniani a trovare con urgenza e attraverso il dialogo una soluzione accettabile per risolvere la crisi politica e perché il paese ritrovi il cammino della pace e della democrazia. Inoltre ho lanciato un appello perchè i dirigenti keniani, il governo come l’opposizione, evitino misure o azioni suscettibili di compromettere la ricerca di una soluzione amichevole della crisi nel paese.

Bush in Kuwait: Iraq, sta tornando la speranza

Bush
Continua il viaggio in Medio Oriente del Presidente USA George W. Bush. Un viaggio delicato. Durante la sua seconda giornata in Kuwait, Bush analizza la situazione del terrorismo internazionale, e del suo nemico giurato, Al Qaeda. L’organizzazione terroristica, secondo il Presidente, avrebbe subito colpi duri in Iraq negli ultimi mesi.
Progressi, dunque. Progressi che, però, non permettono certamente di poter abbassare il livello di attenzione. Bush ha fatto visita oggi alla maggiore base militare Usa in Kuwait, dove ha ricordato, appunto, la necessità di non abbassare la guardia per non perdere i successi conquistati sul campo nel 2007.
Il Presidente ha inoltre specificato che nessuna decisione definitiva è stata ancora presa in merito alla possibilità di ritiro di altre truppe dall’Iraq. I fattori che portano a scegliere per un’effettiva riduzione della forza sul territorio sono molti, ha spiegato, e dipendono dalle reali condizioni presenti.

Liberi i due ostaggi delle Farc. L’annuncio di Chavez

Chavez
Mantiene la parola, il presidente venezuelano Hugo Chavez. I due ostaggi che i guerriglieri avevano concordato di liberare e consegnare a Chavez, infatti, sono finalmente liberi. Il Presidente ha dichiarato di aver già avuto modo di parlare con Clara Rojas, amica personale e segretaria di Ingrid Betancourt, e con l’ex parlamentare Consuelo Perdomo Gonzales.
Lo aveva dichiarato alla stampa: una notizia che a Chavez sarebbe arrivata dal Ministro dell’Interno venezuelano Rodriguez Chacin. Rivelazione poi confermata dalla Croce rossa internazionale, in una nota ufficiale: Sono nelle nostre mani. Siamo molto felici e contenti. La prossima fase è la partenza degli elicotteri nelle prossime ore dal luogo del rilascio, ha detto Barbara Hintermann, portavoce del comitato internazionale della Croce Rossa. E Chavez, la cui immagine, opinabile o meno, è però molto umana, ha annunciato: Ho appena parlato con Clara e Consuelo. Pare che le condizioni fisiche delle due donne siano buone: la conferma arriva anche dal ministro dell’Interno Ramon Rodriguez Chacin.

Bush in Medioriente: Buona la prima!

Finalmente il grande giorno è giunto. La “prima” di Bush in Israele è arrivata ed è andata anche discretamente bene. Certo a suo favore vi sono molti punti, come ad esempio quello di giocare “in casa” (dato che gli USA sono notoriamente filo-israeliani). Ma nonostante questo, dalle sue parole si evince non solo forza, ma anche un grido di speranza per risolvere la situazione arabo-israeliana.

L’arrivo a Tel Aviv, seguito dal festoso saluto del presidente israeliano Shimon Peres, è stato entusiasmante per il presidente a “stelle e strisce” che nel suo discorso ha esordito con concetti decisi e chiari:

Primarie USA 2008, Hillary è “tornata”

Hillary Clinton

Trionfante, sorridente, distesa. Sono anche sparite di nuovo quelle rughe imbarazzanti che un fotografo dell’Associated Press aveva impietosamente ritratto nei giorni scorsi. Hillary Clinton è tornata. E i media Usa già chiosano con acidità: è grazie all’effetto lacrime. Emotività e gioventù sfiorita a parte, la senatrice, che soltanto ieri era data ormai per politicamente spacciata, e che aveva più volte dovuto precisare ai suoi elettori che non si sarebbe ritirata, vive da stanotte una nuova primavera. Contro tutte le previsioni della vigilia, ribaltate, e contro l’assalto mediatico dei giorni scorsi, l’ex first lady ha battuto il favorito Barack Obama nelle primarie democratiche del New Hampshire. Dopo una nottata di testa a testa, ecco il risultato finale: Hillary batte Barack 39 a 37.

Enorme e sorprendente affluenza di elettori, in New Hampshire, che hanno votato secondo logiche differenti rispetto ai loro predecessori dell’Iowa. Moltissime nuove registrazioni: giovani al primo voto ma anche persone che sono tornate alle urne dopo anni di disaffezione verso la politica. Totale: mezzo milione di persone, e cioè esattamente il doppio rispetto al passato nonchè praticamente il 40% della popolazione. Questa dinamica spiegherebbe anche la disattesa dei pronostici e gli errori dei sondaggi. Insieme ad una chicca degli osservatori: le lacrime e la commozione di due giorni fa di Hillary Clinton le avrebbero sponsorizzato una non indifferente aggiunta di voti, rendendola più umana e allontanandola da quell’aura di freddezza e rigore che la circondava.