Giornalismo, mea culpa necessario




La dimensione critica è assente. E’ bruciante la frase: Perché potevano aprire su di un altro grande tema, per esempio la macchina indietro (ma aspetto di leggere il testo per un giudizio più compiuto) del governo con il decreto legge sull’Università, oppure su di un altro grande tema, o (non sia mai!) con un’inchiesta originale. Già trent’anni fa, Indro Montanelli scriveva che il giornalismo italiano è servo per abitudine.

Non si intende certo spezzare lance a favore di quella che Silvio Berlusconi ha definito carineria. Indicativo l’editoriale di oggi Le felicitazioni di Berlusconi ad Obama. Non resta che l’interdizione. E che il senso comune giudica, quantomeno, inopportuna con sforzato eufemismo.



No, no. Mimmo Càndito, La Stampa, sul suo blog, non si lascia sfuggire alcune autocensure. La Repubblica gongola sull’evidente oscuramento del sito del Pdl.


Eppure ci siamo fatti dettare l’agenda da Silvio. Invece di approfondire – dai media generalisti in giù – che so… L’informazione nascosta: Lodo Carnevale. O ancora: Mafia: si bipartisan ad inasprimento 41bis. O, che ne so, la bella inchiesta di RaiNews 24 che analizza coma la Capitale, Roma, sia divisa e lottizzata in termini di gestione dalle mafie.


Uno spiraglio di speranza viene dal blog di Pino Bruno, giornalista Rai.

Mercoledì 30 ottobre a Caserta e a Casal di Principe i giornalisti hanno pronunciato pubblicamente un giuramento d’Ippocrate della categoria che non era mai stato enunciato con tanta chiarezza e che si può riassumere in questa formula: nessuna notizia può restare inedita, il cronista che corre rischi per osservare questa regola deve avere il sostegno aperto, corale, convinto, senza distinguo degli altri giornalisti

Ecco il pezzo di Alberto Spampinato su Articolo 21.


Mea culpa necessario. E speranza.


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